Per altri le implicazioni finanziarie saranno ancora più gravi. Un redattore di un’organizzazione di fact-checking con sede negli Stati Uniti che collabora con Meta, non autorizzato a parlare in via ufficiale, ha dichiarato a Wired US che la decisione di Meta “finirà per prosciugarci“.
Meta non ha risposto alla richiesta di commento di Wired US, che chiedeva conto delle affermazioni dei suoi ex fornitori e dell’impatto finanziario della recente decisione su queste aziende. “Meta non doveva nulla ai fact-checker, ma sa che interrompendo questa partnership sta eliminando una fonte di finanziamento molto significativa per l’ecosistema a livello generale“, afferma Alexios Mantzarlis, che ha contribuito a creare le prime partnership tra i fact-checker e Facebook tra il 2015 e il 2019 come direttore dell’International fact-checking network.
Le accuse ai fact-checker
Gli ormai ex partner di Meta si dicono anche irritati dalle parole di Zuckerberg, secondo cui i fact-checker sarebbero diventati sovrabbondante di parte.
Per Duke, è stato insufficiente sentire il capo di Meta accusare le organizzazioni responsabili del programma statunitense di fact-checking dell’azienda di essere “sovrabbondante politicamente schierate“: “Lasciatemi fare un po’ di fact-checking: Lead stories si attiene ai più alti standard giornalistici ed etici richiesti dal codice di principi dell’International fact-checking network. Verifichiamo i fatti senza tener conto della posizione politica espressa da un’affermazione falsa“, ha commentato.
Questo punto di vista è stato ribadito da Kristin Roberts, responsabile dei contenuti di Gannett media, società che possiede un altroa partner di Meta per il fact-checking, USA Today. “Il giornalismo basato sui fatti è ciò che USA Today sa fare la parte migliore – ha scritto Roberts in una dichiarazione inviata via email –. La verità e i fatti servono a tutti, non alla destra o alla sinistra, ed è ciò che continueremo a fare“.
Molti degli ex collaboratori di Meta hanno affermato che Zuckerberg ha usato i fact-checker come capro espiatorio per l’eccessiva censura sulle piattaforme dell’azienda, evidenziando che il loro compito era solo quello di aggiungere informazioni e contesto ai post, lasciando a Meta la decisione finale di eliminare o meno i contenuti.
“Dare la colpa ai fact-checker è una scusa insufficiente e dimostra un’incomprensione di fondo del programma – afferma Neil Brown, presidente del Poynter Institute, proprietario di PolitiFact e dell’International fact-checking network –. I fatti non sono censura. I fact-checker non hanno mai censurato nulla. E Meta ha sempre avuto la decisione finale. È ora di smettere di usare un linguaggio esplosivo e falso nel descrivere il ruolo dei giornalisti e del fact-checking“.