Non stiamo sognando, né siamo in un film di fantascienza, ma il dialogo a cui abbiamo appena assistito, è ciò che accade quotidianamente. Infatti, anche il mercato immobiliare nel metaverso sta vivendo una crescita esponenziale, basti pensare che globalmente per il 2022 si prevede che il fenomeno raggiunga un volume di affari pari a circa 1,5 miliardi di euro, 2,5 miliardi nel 2023 e oltre 3,5 miliardi nel 2025, secondo i dati tratti da un’analisi realizzata da Scenari Immobiliari e presentata al Forum dell’Abitare 2022.
Dove possiamo comprare una dimora (virtuale) nel metaverso ?
Esistono ben 32 metaversi che trattano la vendita di immobili digitali (virtuali quindi, sotto forma di nft), tra cui spiccano per volumi di affari The Sandbox, Decentraland, Cryptovoxels e Somnium, piattaforme sulle quali si trovano in commercio circa 270mila “metaproprietà” immobiliari digitali di diverse dimensioni. Attualmente il mercato immobiliare ha un funzionamento simile a quello reale, in quanto, ci sono acquirenti e broker che concludono transazioni su blockchain con smart contracts. Il metaverso, come le città reali, è suddiviso in distretti che spesso sono “abitati” da utenti che condividono gli stessi interessi e passioni, per esempio Tokens.com ha raccolto finanziamenti per 16 milioni di dollari per l’acquisto di edifici e terreni, partendo dal distretto della moda di Decentraland con il dichiarato obiettivo di ospitare eventi fashion e negozi per la vendita al dettaglio.
Ma non è che sarà una bolla immobiliare?
Può darsi, ma in effetti al momento sembra (non si tratta si un consiglio di investimento finanziario! Per quello rivolgetevi al vostro consulente specializzato in materia) che proprio come il mercato immobiliare tradizionale, l’immobiliare digitale nei metaversi tenda a oscillare meno in valore – se non addirittura ad apprezzarsi – anche durante periodi di forte oscillazione e flessione dei token o coin più “tradizionali” (quali bitcoin e altre criptovalute). Come per altre cripto, la scarsità digitale caratterizza anche questi beni digitali. Le “virtual lands” nei metaversi, sono infatti limitate (qualcuno, come per le criptovalute, potrebbe osservare che se ne possono sempre creare di nuove e di diverse). Per esempio, Decentraland conta solo 90mila appezzamenti di “terra digitale”.
I forti aumenti dei prezzi (ma occhio che le oscillazioni possono andare in entrambe le direzioni),
uniti alla facilità nel comprare e vendere “immobili virtuali” (che presuppone però almeno minime competenze digitali), fanno sì che questo fenomeno potrebbe essere qui per rimanervi. Certo, non tutti i metaversi alla fine avranno successo, ma quelli che ne avranno è verosimile che abbiano un successo importante. Con l’espansione e la maggior diffusione del metaverso (sicuramente non ancora mainstream) anche il real estate digitale sembra destinato ad un futuro roseo, o per lo meno non può liquidarsi con una frase di scetticismo, senza aver prima approfondito e ponderato.
Mettiamo a reddito il nostro immobile, ma occhio alle truffe!
Il contratto di locazione non sarà un contratto da registrare all’Agenzia delle Entrate (ciò non significa che non vi siano obblighi dichiarativi in merito sia alle criptovalute, sia agli nft, sia ai proventi da staking etc.), ma verrà disciplinato dai sottostanti smart contract che ne impediranno la vendita durante il periodo di locazione. In ogni caso anche nel metaverso è necessario esser cauti nell’acquisto dell’immobile per evitare di esser vittime di truffe verificando il titolo di provenienza (per esempio nel caso di mercati basati su blockchain, la titolarità del wallet dal quale viene inviato l’nft corrispondente ad un determinato “lotto” di terreno virtuale), soprattutto sui mercati secondari (utilizzando un block explorer o simili per risalire allo storico).
In conclusione, avere uno spazio immobiliare nella “nuova realtà” può esser un’opportunità nel breve e nel lungo periodo, non solo per “dare una dimora” all’avatar, in attesa anche delle normative europee che stanno per vedere la luce (tra cui spiccano l’Artificial Intelligence Act, il Digital Markets Act, il Digital Services Act, il Data Governance Act e il Data Act) che hanno l’obiettivo di tutelare gli utenti dalle insidie della rete, garantendo, allo stesso tempo, la loro libertà.
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di Vincenzo Colarocco www.wired.it 2022-07-23 05:00:00 ,