Le stesse perplessità vengono sollevate anche da altri punti del report, in cui non solo – com’è ormai abitudine – viene inserito nell’ambito metaverso anche un’innovazione per molti versi opposta alla realtà virtuale come la realtà aumentata, ma sotto il cappello “metaverso” sembrano finire anche svariate tecnologie che nulla hanno a che fare con gli scenari della cosiddetta extended reality: “L’Italia mostra molteplici segnali di adozione delle tecnologie del metaverso”, si legge infatti nel report (senza fornire dati o informazioni più circostanziate), che poi prosegue elencando aspetti che nulla hanno però a che fare con il metaverso: “La pubblica amministrazione in Italia si sta digitalizzando attraverso il Piano di rilancio e resilienza, con uno stanziamento di 6,1 miliardi di euro. Questo sta portando a cambiamenti che saranno decisivi per il successo del metaverso in Italia, come l’introduzione di un ambiente cloud per la pubblica amministrazione, il miglioramento degli standard di interoperabilità dei dati e il rafforzamento del monitoraggio e della gestione delle minacce informatiche nell’ecosistema digitale nazionale”.
Convincere il pubblico
Che cosa c’entra tutto ciò con il metaverso? Da una parte, si potrebbe pensare che la crescente digitalizzazione della pubblica amministrazione possa facilitare lo sviluppo del metaverso (ma il collegamento appare comunque forzato); dall’altra, colpiscono i continui riferimenti nel comunicato alla pubblica amministrazione, citata più e più volte assieme ad alcune azioni previste dal governo italiano e alle “politiche pubbliche” che “incentivano l’adozione di tecnologie avanzate”.
Perché tutta questa attenzione al ruolo del pubblico? La sensazione è che uno degli obiettivi di Meta sia quello di coinvolgere il governo e le altre istituzioni per convincerle ad adottare le sue tecnologie, magari allo scopo di creare piattaforme in realtà virtuale legate alla pubblica amministrazione e simili. Difficile non essere scettici di fronte a una possibilità di questo tipo, soprattutto alla luce del recente e costosissimo flop del “metaverso dell’Unione europea”.
Nonostante le perplessità, non si può nemmeno escludere che la visione di Meta si riveli col tempo corretta o che almeno riesca a convincere le istituzioni a credere (e soprattutto investire) in questi progetti. Che ciò possa davvero rivelarsi utile e in grado di semplificare la vita dei cittadini è però tutto da dimostrare. Invece di immaginare un futuro in cui useremo la realtà virtuale per recarci in uffici digitali delle poste o dell’anagrafe (con le tantissime complicazioni e scomodità che tutto ciò comporta), non sarebbe meglio se la nostra pubblica amministrazione resistesse alle tentazioni futuristiche di Meta e continuasse invece a concentrare i suoi sforzi sulla creazione di siti web sempre più semplici e intuitivi da utilizzare?
Più in generale, possiamo davvero fidarci dei report, dei numeri e delle promesse future di una società che ha investito tutta la sua credibilità (e una marea di risorse) nella creazione di un mondo digitale che per il momento è spopolato (Horizon Worlds, la principale piattaforma social in realtà virtuale di Meta, ha meno di 200mila utenti attivi), da cui tanti colossi hanno iniziato a ritirarsi (com’è il caso di Microsoft) e che soprattutto – apparendo spesso un minestrone che unisce tutto e il contrario di tutto – non si è ancora nemmeno davvero capito che cosa sia?
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di Andrea Daniele Signorelli www.wired.it 2023-05-13 10:00:00 ,