È morta nella serata dell’11 agosto all’età di 51 anni Michela Murgia, scrittrice, intellettuale e opinionista nota per le sue posizioni sempre determinate e fulminanti sulle questioni dei diritti e della libertà di espressione. La notizia arriva a pochi mesi dall’intervista rilasciata al Corriere della Sera il 6 maggio scorso, in cui rivelava di avere un cancro ai reni al quarto stadio con metastasi a polmoni, ossa e cervello. Le riflessioni e la consapevolezza legate alla malattia e alla morte imminente e inevitabile erano state concentrate nel suo ultimo libro, Tre ciotole, uscito sempre a maggio. Nell’ultimo periodo della propria vita aveva continuato a promuovere i suoi scritti e a difendere le proprie idee, soprattutto legate a una concezione paritaria, libera e inclusiva della vita, difendendo il corpo delle donne dagli ennesimi attacchi politici (si era opposta alle ultime leggi paventate dal governo Meloni, soprattutto quelle che vorrebbero limitare il diritto all’aborto) e ribadendo il suo concetto tutto queer di famiglia, non definito da legami di sangue ma affettivi e di accudimento. Proprio negli ultimi tempi aveva aveva sposato in articulo mortis l’artista Lorenzo Terenzi ma poi aveva celebrato con i suoi effetti più cari un matrimonio allargato alla sua famiglia queer.
Nata a Cabras, in provincia di Oristano, Sardegna, il 3 giugno 1972, dopo il diploma commerciale in un istituto tecnico e anni di militanza nell’Azione cattolica aveva svolto diversi lavori (dall’insegnante di religione alla dirigente in una centrale elettrica fino alla venditrice immobiliare) fino a quando quello che era nato come un blog, Il mondo deve sapere, è divenuto un libro nel 2006: quella rivisitazione satirica ma anche drammatica del lavoro in un call center è divenuto prima un’opera teatrale e poi un film di Paolo Virzì, Tutta la vita davanti. Sarebbe stato poi il secondo romanzo, Accabadora (2009), sulla figura misteriosa e umanissima di una donna che pone fine alle vite della persone rimaste senza speranza, a darle ulteriore notorietà, con la vittoria anche del Premio Campiello.
Negli anni seguenti lavora a diversi altri libri, come Ave Mary (2011) sulla figura della Madonna e della donna nel cristianesimo; L’ho uccisa perché l’amavo (falso!) (2013), pamphlet contro il femminicidio scritto con Loredana Lipperini; Chirù (2015); Istruzioni per diventare fascisti (2018), God Save the Queer (2022). Nel frattempo collabora come opinionista ed editorialista a diversi giornali e a programmi come Quante storie su Rai3, dedicato ai libri (che non esitava anche a stroncare, contrariamente all’abitudine retorica comune dei recensori di libri), e concentrandosi sempre più sui temi del femminismo, dell’antifascismo, dell’intersezionalità e dei diritti in senso più ampio, spesso sfidando l’opinione comune e finendo più volte sotto l’attacco non solo degli hater online ma anche delle istituzioni, soprattutto dei partiti e dei ministri di destra.
Nel giugno 2018 ha inaugurato il podcast Morgana, realizzato poi in collaborazione con Chiara Tagliaferri, e dedicato alle donne “fuori dagli schemi e lontane dagli stereotipi”, quelle che in altri tempi sarebbero state definite streghe ma che invece hanno cambiato il mondo che avevano intorno, da Margaret Atwood a Cher, da Moana Pozzi a Grace Jones, da Marielle Franco ad Angela Merkel. In questo percorso ha approfondito e ampliato ulteriormente le riflessioni sui corpi, i ruoli, le oppressioni e le libertà femminili, che sono sfociate anche in due libri, Morgana. Storie di ragazze che tua madre non approverebbe e Morgana. L’uomo ricco sono io.
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di Paolo Armelli www.wired.it 2023-08-11 05:20:19 ,