Taipei – L’Italia è entrata nei radar. Ma resta, almeno per adesso, ancora piuttosto lontana. Se mai tra Italia e una delle più importanti aziende di microchip al mondo, Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (Tsmc), sarà matrimonio, per ora non sembra vicino neppure il fidanzamento. Anche se qualche sguardo incrociato per capire se può nascere un’intesa lo si sta dando. Complice lo stallo sul fronte tedesco, con una trattativa cominciata ormai un anno fa e poi incagliata da ormai diverse settimane dopo l’insediamento della coalizione semaforo guidata dal cancelliere Olaf Scholz lo scorso dicembre. Come ha scritto Federico Fubini sul Corriere della Sera, alcuni rappresentanti taiwanesi hanno avviato una serie di contatti preliminari per la possibile costruzione di un impianto di fabbricazione e assemblaggio di semiconduttori in Italia.
I discorsi su una possibile cooperazione sono in realtà partiti, timidamente e sotto traccia, già nella primavera del 2021, quando la carenza globale di microchip aveva attratto l’interesse del governo Draghi e in particolare del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti. Il tentativo di accelerata è delle ultime settimane, in concomitanza con l’impasse nel quale è entrato il negoziato già in corso da tempo tra Tsmc e Germania. L’interlocuzione tra fronte italiano e fronte taiwanese esiste ma, secondo fonti informate della vicenda, non c’è ancora niente di concreto. Dalle recenti discussioni portate avanti nell’area tra il Milanese e la Brianza, viene spiegato, non hanno dato risultati significativi. La speranza di chi crede nel progetto è che lo stallo sulla Germania e la possibile chiusura dell’affare tra Berlino e Intel per una fabbrica del gigante statunitense su suolo tedesco possano aprire spiragli per l’Italia.
Tsmcin Europa? Con lo stallo tedesco l’Italia prova a inserirsi
Sul tramonto dell’era di Angela Merkel e all’alba dell’era Scholz, l’accordo tra Tsmc e Berlino sembrava cosa fatta. Ed era emersa già con insistenza la collocazione del possibile stabilimento: Dresda. Poi è cambiato qualcosa. La frenata tedesca è stata in qualche modo anticipata a fine gennaio, quando l’acquisizione da 4,35 miliardi di euro della tedesca Siltronic da parte della taiwanese GlobalWafers è saltata dopo che l’accordo non ha ricevuto il via libera dalle autorità regolatorie entro il tempo utile. GlobalWafers aveva reagito esprimendo “forte disillusione“, spiegando che avrebbe “analizzato la mancata decisione del governo tedesco considerando il suo impatto sulla strategia di investimento futura“. Ergo, più che probabile stop al piano tedesco. La mancata acquisizione ha portato a uno studio su un altro paese europeo? Per ora no, anzi l’azienda taiwanese sta dedicando le sue attenzioni agli Stati Uniti. Un indizio sul fatto che non necessariamente lo stallo tedesco debba portare a un riposizionamento sull’Italia.
La Germania offre una maggiore expertise e rappresenta(va) per diversi motivi l’opzione preferita dalle aziende taiwanesi per eventuali investimenti in Europa. L’Italia, dal canto suo, può certamente avere un costo del lavoro più basso. Un tema caro alla Tsmc e al suo ideatore Morris Chang, che in una recente intervista ha raccontato le tribolazioni legate allo stabilimento aperto nel 1997 in Oregon. Operazione destinata a essere una pietra miliare e diventata invece una mezza trappola a causa del costo del lavoro del 50% più alto e, non meno importante, dell’assenza di talenti e di un sistema integrato. Se gli Stati Uniti dominano nel design dei chip, Taiwan è senza rivali nella fabbricazione e assemblaggio, di cui detiene circa il 60% della percentuale globale. Il 50% solo con la Tsmc.
Due nodi: sussidi e geopolitica
Due punti comunque, quelli dell’assenza di talenti e di un sistema integrato, che sembrerebbero non giocare a favore dell’Italia. Un’altra questione di difficile soluzione è quella legata ai sussidi. Taiwan chiede il 50% di sussidi governativi a fronte di un investimento da 10 miliardi. Non semplicissimo, soprattutto se i chip sviluppati (come sottolineato dal Corriere) non sono quelli più innovativi, visto che il Chips Act della Commissione europea li prevede solo sui progetti che coinvolgono le tecnologie più avanzate.
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di Lorenzo Lamperti www.wired.it 2022-05-18 05:00:00 ,