La multinazionale Usa dell’elettronica Micron investirà altri 4,3 miliardi di yuan (602 milioni di dollari) nel suo impianto cinese per il confezionamento dei chip, un investimento significativo annunciato settimane dopo che Pechino ha imposto restrizioni sull’uso dei suoi semiconduttori. Quello che è il più grande produttore di chip di memoria degli Stati Uniti acquisterà attrezzature e aggiungerà linee di assemblaggio al suo impianto esistente nella città centrale di Xi’an nel corso dei prossimi annit. L’azienda ha aggiunto che ciò dovrebbe creare 500 posti di lavoro, portando il suo personale nel Paese a più di 4.500 unità.
La mossa di Micron coincide con la decisione del governo cinese di impedire ai suoi chip di accedere alle «infrastrutture critiche» per problemi di sicurezza informatica. I legislatori statunitensi hanno criticato la mossa come un attacco poco velato a un’azienda americana, in un momento in cui Washington stessa sta imponendo sanzioni alla Cina. Il settore tecnologico è diventato un campo di battaglia fondamentale per la sicurezza nazionale tra le due maggiori economie: Washington ha già messo nella lista nera le aziende tecnologiche cinesi, ha interrotto il flusso di processori sofisticati e ha vietato ai suoi cittadini di fornire determinati supporti all’industria cinese dei chip.
Il divieto sui chip di Micron ha aggravato l’incertezza che regna sui produttori di chip statunitensi che vendono alla Cina, il più grande mercato mondiale di semiconduttori. Aziende come Qualcomm, Broadcom e Intel forniscono chip per miliardi di dollari al Paese che importa più semiconduttori che petrolio.