Il governo italiano sta riprendendo la sua operazione di trasferimento dei migranti in Albania nel tentativo di aggirare la sentenza della Corte di giustizia europea del 4 ottobre 2024. La nave Cassiopea della Marina militare italiana è approdata il 28 gennaio nel porto di Shengjin, in Albania, con a bordo 49 migranti soccorsi al largo di Lampedusa. Si tratta di uomini adulti, in buona salute e provenienti da paesi considerati “sicuri” secondo il decreto Flussi.
Non mancano, però, i problemi. Una volta giunti in Albania, quattro sono risultati minorenni e un adulto è stato giudicato vulnerabile, e torneranno indietro.Non solo. Per la prima volta, la selezione dei migranti è avvenuta senza la collaborazione dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), parte del sistema delle Nazioni unite, in quanto il contratto dell’organizzazione è scaduto il 10 gennaio e non è stato rinnovato in tempo. La selezione è stata quindi gestita da mediatori culturali reclutati dalle autorità italiane, ma molte organizzazioni conoscendo gli esiti si sono rifiutate di partecipare.
Procedura accelerata
Dei 49 migranti, 30 sono stati selezionati dalla Guardia costiera e 19 dalla Guardia di finanza. Dopo l’arrivo a Shengjin, saranno trasferiti nell’hotspot del porto, temporaneamente sotto la giurisdizione italiana per la durata dell’accordo con l’Albania, fissato a cinque anni.
Secondo l’convenzione – dal costo di 830 milioni di euro complessivi – le procedure di identificazione si svolgeranno a Shengjin e i richiedenti asilo saranno trasferiti al centro di Gjader, dove sarà applicata una “procedura di frontiera accelerata” per valutare le loro richieste entro 28 giorni, compreso il ricorso. Tuttavia, tutto potrebbe saltare qualora il giudice non dovesse autenticare il trattenimento nel centro di Gjader, come fatto a ottobre e novembre 2024.
Le associazioni attive nella difesa dei diritti umani hanno criticato aspramente l’accordo tra i governi di Rama e Meloni. Il collettivo Mesdhe che opera in Albania ed è parte del Network against migrant detention lo ha definito come “uno strumento di proselitismo becera e anticostituzionale, facendo credere agli albanesi che questo accordo possa facilitare l’ingresso del Paese nell’Unione europea. In realtà, arreca danni alla libertà di pensiero ed espressione degli albanesi“.