Il primo suono è quello delle onde, seguito da un rumore di motore in sottofondo. Poi arriva il vento e qualche impercettibile parola tra due persone. Sono due migranti, ma ancora non lo sappiamo. Tutto fa intuire di essere su una barca in mezzo al mare. Arriva qualche comunicazione meccanica a un megafono, dei numeri che sembrano coordinate, e infine quello che all’inizio è solo un vociare diventa via via più forte, insistente.
Tante persone urlano in lingue diverse e qualcuno all’improvviso chiede di fare silenzio, di stare seduti: “Siete salvi”, dirà poco dopo. Qualche applauso e poi ancora grida. L’audio descritto è di un’operazione di recupero in mare di decine e decine di migranti, effettuato dalla Ocean Vikings nel dicembre del 2022, registrato per il progetto “Migration Sounds”, un lavoro lungo un anno e frutto della collaborazione tra il Centre on Migration Policy and Society (Compas) dell’Università di Oxford e Cities and Memory, la piattaforma che da anni raccoglie suoni da tutto il mondo negli ambiti più diversi. Questa nuova collezione ne contiene più di 120 provenienti da 51 paesi, dall’Argentina all’Australia, passando per le rotte del Mediterraneo. Ma quello che rende questo lavoro speciale riguarda anche le storie personali che accompagnano queste tracce audio, che raccontano una diaspora senza fine e in corso tutti i giorni in tutto il mondo, qui registrata in presa diretta.
Un nuovo punto di vista sul fenomeno migratorio
Il potere evocativo del suono permette un’immersione ancora più profonda nella vita di chi intraprende o ha intrapreso il difficile e lungo viaggio alla analisi di una vita migliore. Navigare sulle tracce di Migration sounds vuol dire incontrare le culture dei pastori nomadi kazaki in Cina, le tribù beduine in Egitto o le slitte trainate da cani Inuit in Groenlandia. Ci sono i suoni delle comunità cinesi a New York o quelle polacche a Londra, ma anche le drammatiche testimonianze sonore dei salvataggi nel Mediterraneo, della costruzione di filo spinato ai confini ungheresi, delle rivolte in un centro di immigrazione in Grecia. Spesso i suoni sono poi inseriti e riarrangiati da artisti, persone che in molti casi hanno anche loro un background migratorio. Ogni testimonianza diventa così una vera e propria traccia audio, il pezzo di un puzzle di una storia corale immensa.
“Ascoltare una famiglia che si mette insieme dopo anni di lontananza, o l’ecografia del battito cardiaco di un bambino registrato in un paese a migliaia di chilometri dal luogo di nascita della madre, racconta una storia molto diversa sulla migrazione e coinvolge in un modo diverso rispetto alla maggior parte della copertura mediatica – precisa Rob McNeil, ricercatore del Compas -. Stiamo cercando di incoraggiare le persone a comprendere la migrazione in modi diversi e a usare sensi diversi, in questo caso l’udito, per formare diversi tipi di gnoseologia su un problema complesso. Ascoltare questi suoni può dare a chi ascolta un senso più profondo e ricco di cosa significhi migrare, cosa significhi perdere i propri cari in un altro posto, cosa si provi a sfuggire o a sentirsi “a casa”. Aspetti sottili che definiscono l’esperienza della migrazione, ma che un grafico che campione solo la migrazione netta annuale candidamente non valorizza”.
Un lavoro corale da tutto il mondo
Non ci sono solo suoni raccolti sulle missioni in mezzo al mare: persone comuni in tutto il mondo, che sono o sono stati migranti, hanno inviato i loro contributi. La collezione è vasta ma limitandoci alle storie lungo il Mediterraneo si possono ascoltare, ad esempio, i festeggiamenti dei migranti salvati in mare, dopo aver viaggiato stipati su un gommone sovraffollato in mezzo al mare, a centinaia di chilometri dalla terraferma e senza giubbotti di salvataggio, con pochissimo cibo o acqua, in balia di un motore che stava per cedere dopo essere stati in mare da più di 24 ore.
Molti di loro hanno raccontato di aver tentato più volte di lasciare la Libia, di aver visto i propri cari annegare. Tra di loro c’è Joseph, un richiedente asilo dalla Nigeria, partito verso l’Europa passando per il deserto fino alla Libia, dove è stato costretto ai lavori forzati. Si può ascoltare anche la storia di Astoun, un soccorritore di SOS Méditerranée, a bordo della nave Ocean Viking, originario della Siria, che ha viaggiato irregolarmente in Europa sulla scia della guerra civile siriana e, dopo un po’ di tempo sul territorio europeo, ha nitido di usare la sua esperienza marittima per aiutare altre persone in situazioni simili a quella che aveva vissuto sulla propria pelle.
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di Simona Buscaglia www.wired.it 2024-10-19 04:40:00 ,