Cosa dobbiamo aspettarci dall’Unione europea sui migranti? Risposta: nulla. La finalizzazione, forse, dell’accordicchio sul Patto per le migrazioni che è del tutto sbilanciato sul fronte della (non obbligatoria) redistribuzione dei migranti, della loro identificazione e della loro espulsione verso i cosiddetti “paesi terzi sicuri” da definire a livello nazionale: ognuno deciderà in quale dei territori, di origine o transito, rispedire – proprio come un pacco – i migranti che non abbiano diritto ad alcun genere di protezione internazionale. Nel frattempo, come accaduto in Italia, restringendo proprio quei meccanismi di protezione per fare in modo che possano accedervi sempre meno persone. Un meccanismo infernale che rischia di alimentare ancora di più le partenze piuttosto che tentare di ridurle.
La strage di Pylos, a sud del Peloponneso, in Grecia, nella quale sarebbero annegate centinaia di persone – forse 600, fra questi pare almeno un centinaio di bambini – è insieme a Cutro la manifestazione tragicamente plastica di questo sbilanciamento. I paesi dell’Unione, specialmente quelli mediterranei, si muovono in completa autonomia. Anzi: non si muovono. La Grecia era stata accusata solo poco tempo fa di aver respinto dei migranti, abbandonandoli in mare a bordo di un gommone, in assoluta violazione del diritto europeo e di quello internazionale. Lo provavano alcuni video ottenuti dal New York Times.
Anche stavolta ci sono troppi punti oscuri sulla vicenda: il governo greco, che nega di aver ricevuto un avviso da Frontex, spiega che il barcone avrebbe rifiutato il soccorso e navigasse fino a pochi minuti prima senza problemi. “Non vogliamo altro che andare in Italia”, mettono nero su bianco le autorità greche rispetto alla ricostruzione dei contatti intrattenuti con chi era a bordo. L’ong Alarm Phone ha contestato questa ricostruzione, perché chiaramente – al netto della veridicità, assai dubbia, su tempi e condizioni del peschereccio nel corso delle ore fra 13 e 14 giugno – prescinde da alcuni elementi oggettivi che rendono la situazione a rischio. In modo automatico: dal sovraffollamento alla tipologia di imbarcazione all’equipaggiamento di soccorso. Nel comunicato sull’accaduto, Alarm Phone ha ricordato che in molti casi la Guardia costiera greca ha respinto, abbandonato o addirittura – alla pari della presunta guardia costiera libica – sparato verso le navi dei migranti. Che questi tentino eventualmente di evitarla non toglie ovviamente l’obbligo di soccorrere e mettere fino a questa spregevole autogestione poliziesca della zona Sar di competenza.
Il tenore dell’approccio, tuttavia, non sembra voler cambiare neanche di fronte a centinaia di decessi. Se la premier Giorgia Meloni è tornata a parlare, ricevendo il primo ministro di Malta, Robert Abela, della necessità di difendere i confini esterni, l’omologo della Valletta si è prontamente allineato alla posizione della leader di Fratelli d’Italia (salvo poi scaricarsi reciprocamente le responsabilità quando si tratta di soccorsi in mare, come visto più volte in passato). Ma, appunto, di soccorso non ne parla nessuno e nessuno ne parlerà considerando le elezioni del 2024. Di una nuova missione Mare Nostrum neanche. L’approccio dei leader nella criminalizzazione delle ong e anche di Bruxelles – lo confermano le parole della commissaria europea per la Salute, Stella Kyriakides: “Fare di più per fermare le reti criminali che ogni giorno mettono a rischio la vita” – inizia a occuparsi dei migranti solo quando questi riescano in qualche modo a mettere piede a terra. Lascia davvero sconvolti che dopo tutti questi anni e migliaia di decessi l’Europa non abbia messo in piedi un sistema di soccorsi più efficace dello sgangherato scaricabarile a cui assistiamo a ogni allarme.
A cosa serve esattamente il gruppo di contatto per le attività di ricerca e salvataggio (Sar) istituito dall’esecutivo europeo? Per il momento a nulla: un guscio vuoto. Nelle mani di Bruxelles non c’è dunque che Frontex, “un’operazione europea che permette di rilevare le navi e di trasmettere le informazioni ai paesi membri, poi sono loro che gestiscono le operazioni di ricerca e salvataggio in mare“, ha detto un portavoce della commissione. “Noi facciamo e non smetteremo di fare ciò che è in nostro potere, proponiamo ai paesi iniziative per migliorare la situazione“, ha concluso. Il resto, proprio con i “paesi terzi sicuri”, è affare loro.
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di Simone Cosimi www.wired.it 2023-06-16 13:04:42 ,