Tutto ruota sullo status delle persone a bordo delle navi Ong. Sono naufraghi, come sostengono le organizzazioni umanitarie, e dunque vanno immediatamente portati a terra a prescindere di chi siano e da dove vengono, o sono soltanto migranti “irregolari”, come sostiene il governo, e dunque prima di entrare in Europa vanno identificati e devono avanzare richiesta di asilo?
E’ attorno a questa contrapposta interpretazione che la contesa portrebbe alla fine approdare davanti ai giudici amministrativi ( come già successo in passato) se le Ong dovessero decidere di impugnare il decreto di accesso temporaneo alle acque nazionali.
La legge del mare
La convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare o Unclos, firmata anche dall’Italia, prevede che chiunque sia in pericolo in mare va salvato e che il soccorso si può considerare concluso solo con lo sbarco nel porto sicuro di più vicino. Un dovere per tutti senza distinzioni. L’articolo 19 del testo unico dell’immigrazione stabilisce poi che i minori presenti in frontiera non possono in alcun modo essere respinti.
Il regolamento di Dublino
E’ quello che al momento regola le richieste di asilo in Europa e prevede che il Paese di primo approdo è quello in cui chi arriva deve avanzare richiesta di asilo. A quello Stato tocca farsi carico della gestione dell’accoglienza, della valutazione della richiesta di asilo e dell’eventuale rimpatrio. Un regolamento che, naturalmente, penalizza l’Italia in quanto Paese costiero.
Identificazione e richiesta di asilo a bordo
Innanzitutto: è possibile o no che i comandanti delle navi umanitarie identifichino le persone soccorse e propongano loro di presentare nelle loro mani richiesta d’asilo? E’ questa la strada intrapresa dal Viminale per cercare di incardinare sullo Stato di bandiera delle navi la responsabilità della gestione dei migranti che, una volta a bordo, sono di fatto su territorio di quello Stato. Ribadisce Piantedosi: “Attraverso i canali diplomatici abbiamo proposto ai Comandanti delle singole navi di procedere loro all’identificazione delle persone a bordo con una descrizione delle vulnerabilità che in qualche modo dobbiamo trattare a prescindere da quelle che crediamo essere le regole di gestione del fenomeno. Gestirlo con delle navi che battono bandiera di Stati diversi dal nostro, che hanno raccolto queste persone con modalità che secondo noi non sono ortodosse senza rapportarsi con le autorità di soccorso. E che hanno raccolto queste persone in acque internazionali praticando la competenza e la giurisdizione dei Paesi di bandiera”.
Il giurista contrario: “Il decreto va impugnato”
“Il decreto del governo sulla sosta temporanea della navi ong in acque italiane cita norme già abrogate, omette quelle in vigore che obbligano al soccorso e, infrangendo un principio di non contraddizione, getta in un “limbo” decine di naufraghi che l’Italia è, invece chiamata a far sbarcare a terra affinchè questi possano presentare domanda di asilo. E’ il parere del giurista ed esperto di diritti umani Fulvio Vassallo Paleologo.
“Il decreto – spiega Paleologo – contiene un errore e una omissione già in premessa. Esso cita il Regolamento europeo 1624 del 2016 che è stato abrogato nel 2019 e non fa, invece, riferimento al Regolamento 656 del 2014 che richiama in modo cogente gli obblighi di soccorso a carico degli Stati previsti dal Diritto internazionale e il principio di non respingimento previsto dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati e dall’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”
Il giurista favorevole: ” Non sono naufraghi, applicare a bordo il regolamento di Dublino”
“A bordo della Humanity 1 non ci sono naufraghi, ma migranti. Tanto più che la nave in questione è attrezzata ed equipaggiata proprio per ospitarli e provvedere a tutte le loro esigenze di accoglienza. Nel caso di specie, poi, i migranti sono saliti a bordo in acque internazionali trasbordando da altre unità navali di collegamento, dette feeder, e quindi poco si addice, a loro, giuridicamente la qualifica di ‘naufrago'”. Questa l’opinione del marittimista Giuseppe Loffreda.
“Nulla escluderebbe ai fini della richiesta di asilo, di applicare a bordo delle navi Ong il Regolamento di Dublino, ed in particolare l’Art. 13, che attribuisce la competenza ad esaminare la domanda di protezione internazionale allo Stato membro la cui frontiera è stata varcata dal richiedente in provenienza da un paese terzo. E la frontiera è – rimarca il giurista – nel caso di navi, rappresentata dal bordo della nave stessa. Il comandante della nave, essendo un pubblico ufficiale dello stato di bandiera, potrebbe ricevere le domande dei richiedenti asilo ed inoltrarle (ad esempio via e-mail) alle autorità del paese Eu di bandiera competenti. Esisterebbe già un precedente; si tratta della nave Ong spagnola “Open Arms”, che avrebbe raccolto a bordo le richieste di asilo dei migranti. Era il 2020. È fatta sempre salva – conclude Loffreda – la protezione della vita umana in mare e quindi il diritto della nave di dirigere verso un vicino approdo in caso di emergenze”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-11-05 16:54:17 ,www.repubblica.it