A Milano ci sono seimila residenze fittizie di persone che abitano in città ma che non riescono ad avere, per diversi motivi, un alloggio ufficiale. L’amministrazione dal 2019 ha attivato il servizio ResidenzaMi, che, attraverso indirizzi di case comunali o sportelli gestiti dal terzo settore per suo conto, permette di registrare in quei luoghi la propria residenza. Era pensato soprattutto per le persone senza fissa dimora ma nel tempo si è scoperto che a usufruirne è anche chi non ha un contratto d’affitto regolare o vive in un posto letto in una stanza. “Il numero di persone che usano il servizio è cresciuto nel tempo, questo anche perché non è usato solo dalle persone senza fissa dimora: stiamo cercando di provare a distinguere in modo più preciso i casi sociali legati alla grave marginalità adulta da tutte le altre richieste”, spiega l’assessore al Welfare del Comune di Milano, Lamberto Bertolé.
La residenza è fondamentale per poter accedere a una serie di diritti, come per esempio l’assistenza sanitaria: “Una persona che ha problemi di tossicodipendenza per essere presa in carico dal sistema sanitario regionale e inviata in una comunità terapeutica deve avere una residenza. Come Comune ci siamo occupati di alcune decine di casi di persone che volevano intraprendere un percorso terapeutico ma questo scoglio burocratico era difficile da superare”, prosegue l’assessore. Ci sono al momento cinque sportelli in città dove rivolgersi per questo servizio: via Strehler (nel Municipio 1), via Oglio (nel Municipio 4), viale Tibaldi (nel Municipio 5), viale Legioni Romane (Municipio 6) e via Quarenghi (Municipio 8). Da Palazzo Marino fanno sapere che sono già stati individuati due spazi per poter ospitare il servizio anche nel Municipio 2 e 9, che apriranno a breve.
La residenza è una porta d’accesso per i diritti
Avere la residenza permette di richiedere documenti come la carta di identità o la tessera sanitaria e di godere di alcuni diritti fondamentali: dalla salute (come la scelta del medico di base) all’istruzione, dal lavoro al voto, oltre ad avere un luogo dove ricevere la posta ed essere rintracciabile. Il progetto ResidenzaMi è gestito dalla dimora della carità in associazione temporanea di impresa con Caritas Ambrosiana e Cooperativa Farsi prossimo. Per accedere agli sportelli si deve presentare una relazione redatta dai servizi sociali che certifica la permanenza fisica su un territorio da almeno sei mesi. Chi non è in carico ai servizi può presentarsi al cosiddetto “sportello filtro” nella sede della dimora della carità in via Francesco Brambilla o al Centro Sammartini.
“La legge italiana prevede la possibilità di avere la residenza se la persona presenta un rogito o un contratto di affitto regolare , quindi molti fragili sono esclusi, creando di fatto una contraddizione perché la residenza dovrebbe essere il luogo dove si vive – spiega Fiorenzo De Molli, responsabile degli sportelli ResidenzaMi – di fatto è proibito darla a chi ha un affitto in nero, a chi vive in un pensionato o in spazi impropri e luoghi di fortuna, a chi ad esempio abitava in una dimora popolare con i genitori, si è sposato e poi ha divorziato e ora è obbligato a tornare in famiglia. Si era regolamentato in questo modo per la sicurezza, ma in questo senso siamo di fronte a un autogol: non sai nemmeno chi vive davvero negli appartamenti” .
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di Simona Buscaglia www.wired.it 2022-12-25 16:30:00 ,