Il 27 febbraio 2021, durante l’emergenza Covid, un uomo ricoverato in ospedale aveva chiesto di sposarsi con la procedura d’urgenza perché in fin di vita. Si tratta di una procedura prevista dall’articolo 101 del Codice Civile. «Nel caso di imminente pericolo di vita di uno degli sposi, l’ufficiale dello stato civile del luogo può procedere alla celebrazione del matrimonio senza pubblicazione e senza l’assenso al matrimonio, se questo è richiesto, purché gli sposi prima giurino che non esistono tra loro impedimenti non suscettibili di dispensa. L’ufficiale dello stato civile dichiara nell’atto di matrimonio il modo con cui ha accertato l’imminente pericolo di vita». La richiesta viene presa in carico dal comune il primo marzo. Ma, spiega oggi il Quotidiano Nazionale, il 7 maggio arriva una lettera dell’aspirante sposa. L’uomo è deceduto e lei vuole i danni. Un mese dopo arrivano lettere dagli avvocati della donna, che accusano il comune di non aver inviato il riscontro del primo marzo via Pec, rendendolo non riscontrabile. Il 6 aprile 2022 le parti provano ad andare in mediazione. Ma con esito negativo. E allora arriva la richiesta di risarcimento: 229.423 euro. La Giunta si costituirà parte civile nel processo.
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Scritto da Redazione perwww.open.online il 2024-05-18 06:17:06 ,