La Cassazione ha scritto l’ultimo atto di ciò che resta del procedimento un tempo noto come Mafia Capitale: I giudici hanno respinto i ricorsi delle difese e confermato le condanne stabilite nell’Appello bis. Massimo Carminati e Salvatore Buzzi sono stati condannati a scontare rispettivamente a 10 e a 12 anni e 10 mesi di carcere.
Si divide così il destino dei protagonisti dell’indagine “Mondo di mezzo”. Massimo Carminati e Salvatore Buzzi hanno trascorso parecchi anni insieme: prima corrompendo la vita economica e politica di Roma, poi tentando di difendersi dalle accuse mosse dai pubblici ministeri della procura di piazzale Clodio. Adesso l’imminente futuro li separa. Il ras delle coop potrebbe tornare in carcere, il Cecato no. Gli effetti della sentenza sono diventati esecutivi dopo neanche due ore dal verdetto dei giudici della Cassazione. A Lamezia Terme i carabinieri del Ros hanno infatti arrestato Buzzi su mandato della procura generale della Repubblica di Roma. Il sessantasettenne, che si trovava in una comunità, sarà trasferito nel carcere di Catanzaro. Deve espiare una pena residua di sette anni e tre mesi di reclusione ma è probabile che non trascorra l’intero periodo in cella. Per Carminati invece potrebbero scattare i servizi sociali.
Mafia o non mafia: l’enigma era già stato risolto dalla Cassazione il 22 ottobre 2019, quando gli ermellini hanno spiegato che nella Capitale, per anni, due associazioni criminali, spesso interconnesse, hanno influito sul mondo dell’imprenditoria e delle cooperative, tra mazzette elargite a politici compiacenti e missioni di recupero credito affidate agli spezzapollici di turno. Due organizzazioni a delinquere, nessuna mafia. Per arrivare a questa conclusione i giudici hanno dovuto riavvolgere il nastro, iniziando dal dicembre 2014, quando l’estremista di destra Massimo Carminati e il patron della cooperativa 29 Giugno vengono arrestati insieme ad altre 26 persone. C’erano politici, imprenditori e malacarne vecchio stile. Ed erano accusati a vario titolo di aver fatto parte o gravitato intorno a un’associazione mafiosa.
Buzzi e Carminati vanno in carcere, al 41bis. E ci restano fino al luglio 2017, quando i giudici abbattono l’accusa principale: la mafia. Le condanne sono comunque pesanti: Buzzi deve scontare 19 anni di carcere e Carminati 20, ma non in regime di carcere duro perché non sono mafiosi.
Almeno fino a quando la corte d’Appello di Roma sconvolge la sentenza di primo grado. È l’11 dicembre del 2018 quando i giudici di secondo grado stabiliscono che il “Mondo di mezzo” è di nuovo mafia. Quell’interregno che Carminati aveva nella celebre intercettazione (“i vivi sopra e i decessi sotto e noi stiamo nel mezzo”) per i magistrati del secondo grado di giudizio altro non era che un’organizzazione mafiosa.
Le pene tuttavia sono più lievi che in primo grado: Buzzi viene condannato a scontare 18 anni e 4 mesi, mentre al “Cecato” vengono sentenziati 14 anni e 6 mesi di carcere.
Il colpo di scena
Per l’ennesimo colpo di scena non occorre attendere neanche un anno. Il 22 ottobre 2019 arriva il ribaltone: la Cassazione straccia definitivamente l’accusa di mafia. I protagonisti dell’inchiesta escono di prigione, vanno ai domiciliari e vengono rispediti in appello per ricalcolare le pene. Carminati torna nella sua Sacrofano, Buzzi apre un pub e stila un menù dal sapore di malavitoso, un amarcord criminale “per riderci su”, dice l’uomo passato dalla “mucca da mungere” (così chiamava il comune di Roma non sapendo di essere intercettato) alla mucca da cucinare per farcire i panini Gomorra, Suburra, Samurai, Mondo di Mezzo e l’hot dog Er Terribile.
Buzzi sforna un Freddo, il Libanese, Dandy e Scrocchiazzeppi. La giustizia continua il suo corso. I sequestri di opere d’arte frutto di anni di imprese criminali vengono definitivamente sequestrati.
L’ultimo atto
E la corte d’Appello, interpellata per la seconda volta, il 9 marzo 2021 sentenzia: Buzzi viene condannato a scontare 12 anni e 10 mesi e Carminati a 10 anni di carcere. Poi il nuovo ricorso dei legali. E oggi la Cassazione, l’ultima, capace di scrivere l’ultimo atto di ciò che resta del procedimento un tempo noto come Mafia Capitale.
La reazione della difesa
La riteniamo una sentenza ingiusta con un trattamento sanzionatorio eccessivo. Probabilmente la gravosità della pena determinata dalla Corte d’Appello nel giudizio rescissorio, e confermato oggi dalla Cassazione, appare quasi avere una funzione diretta a riequilibrare la precedente sentenza con la quale è stata annullata l’accusa di Mafia, imputazione errata rispetto alla quale Buzzi non ha avuto nessuna colpa”. Così uno degli avvocati di Salvatore Buzzi, Piergerardo Santoro, ha commentato la sentenza di Cassazione che ha confermato questa sera la pena nei confronti del suo assistito. “È una sentenza – ha aggiunto – che mal si concilia con l’attuale orientamento della riforma Cartabia diretto al recupero della persona al di là del sistema carcerario”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-09-29 23:22:20 ,roma.repubblica.it