“Mottarone, errori nella sostituzione del cavo, ecco perché si è spezzato”: la testimonianza shock di un dipendente della funivia

“Mottarone, errori nella sostituzione del cavo, ecco perché si è spezzato”: la testimonianza shock di un dipendente della funivia

“Mottarone, errori nella sostituzione del cavo, ecco perché si è spezzato”: la testimonianza shock di un dipendente della funivia


Potrebbe essere un errore, una pratica mal eseguita, risalente al 1997 la causa della rottura della fune che, unita alla sciagurata disattivazione del freno di emergenza, ha portato alla caduta della cabina numero 3 della funivia di Stresa-Mottarone, in cui sono morte 14 persone.

Il nuovo scenario è stato aperto dalla dichiarazione di un dipendente dell’impianto che il 23 settembre, 4 mesi dopo la strage in cui è sopravvissuto solo un bambino di 5 anni, è stato sentito dai carabinieri, che conducono le indagini coordinate dalla procura di Verbania: “Quando sono state sostituite le funi traenti nel 1997 ricordo che la ditta incaricata dell’installazione non le aveva ‘pendolate’, cioè sistemato dei morsetti con dei pesi per evitare che si aprissero durante la posa”. Fino ad oggi i sospetti degli esperti si erano concentrati soprattutto sulla testa fusa, ovvero il punto in cui la fune viene saldata al corpo della funivia. Si tratta di una parte molto delicata perché difficile da controllare. Ma le cose potrebbero non essere così.

Il giorno in cui vennero sostituite le funi traenti (quelle che muovono le cabine) “il tecnico incaricato di realizzare le teste fuse si rifiutò di effettuare le operazioni fino a quando le funi non fossero state richiuse e il passo del trefolo riportato nella posizione originaria. Ricordo che vennero dati più di quattrocento giri alle traenti del tronco superiore. A mio avviso questa operazione può incidere sulla durata della fune. Disse così anche il tecnico”. Ora dunque la testimonianza del dipendente riporta indietro l’orologio delle responsabilità poiché il fatto che la fune abbia al suo interno una torsione la porta a usurarsi di più.

Le funi – che se ben realizzate e seguite con la corretta manutenzione possono durare decenni – erano state costruite dalla Radaelli e installate dalla ditta Cte. Né l’una né l’altra erano state risultano nell’elenco degli iscritti nel registro degli indagati reso noto a giugno, quando si è allargata la rosa delle responsabilità additate dagli investigatori ad altri 11 soggetti, dopo i primi tre fermi eseguiti pochi giorni dopo la tragedia di Gabriele Tadini, il caposervizio che ha ammesso l’uso dei “forchettoni” per disabilitare i freni ed è agli arresti domiciliari, del gestore dell’impianto Luigi Nerini e del direttore di esercizio Enrico Perocchio. Tutti sono indagati per rimozione dolosa di cautele antinfortunistiche oltre a omicidio e disastro colposi.

La dichiarazione del dipendente è stata inserita dalla procura assieme a quelle di altri tre lavoratori tra le carte del processo come prova aggiuntiva per la discussione davanti al Tribunale del riesame, in cui le pm Olimpia Bossi e Laura Carrera hanno chiesto il carcere per Nerini e Perocchio, che erano stati scarcerati all’udienza di convalida.

Se le responsabilità sull’uso dei forchettoni si muovono soprattutto nell’ambito di chi ne fosse a conoscenza e di chi li abbia inseriti il giorno dell’incidente, per stabilire perché la fune si è rotta è in corso una perizia. Tra una settimana dovrebbero iniziare le operazioni di rimozione della cabina e a quel punto potrà essere analizzata anche la testa fusa, che nella caduta si è conficcata dentro il tronco di un albero. La fune, invece, è stata in parte tagliata e messa a disposizione dei consulenti di parte per le analisi. Si tratta di un cavo con diametro di due centimetri e mezzo, composto da un’anima in materiale plastico, attorno a cui si sviluppano 114 fili d’acciaio arrotolati in sei trefoli a loro volta attorcigliati tra di loro.

L’ultimo controllo sulla fune del novembre 2020 (valida per 12 mesi) aveva accertato che c’erano alcuni fili rotti ma ben al di sotto delle percentuali limite imposte per la legge italiana, che è in linea con la legislazione europea. Dunque la fune era in buone condizioni e non c’erano segni di corrosione vicino alla “testa fusa”, che è il punto più difficile da ispezionare. Ed è anche il più delicato perché lì si riverberano le vibrazioni della fune che trovano un ostacolo fisso nel tronco di cono della “testa fusa” e tornano indietro, sollecitando due volte e in modo intenso quel tratto di fune. Pur essendo piuttosto sottile, la conformazione della fune garantisce tenuta e flessibilità. La rottura si è verificata nel momento in cui la fune faceva il massimo sforzo, a pochi metri dall’arrivo alla stazione di Mottarone. Ma per testarne la resistenza, le funi vengono sottoposte a prove di sforzo con carichi 4-5 volte maggiori rispetto a quelli a cui sono sottoposti nella realtà.



Source link

Previous L'esperta di foreste che studia i tornado: "Per salvare campi e boschi dobbiamo conoscere il nemico"

Leave Your Comment