A due anni dalla tragedia della funivia del Mottarone, in cui morirono 14 persone, la Procura di Verbania ha chiuso l’inchiesta in vista della richiesta di processo per 8 indagati.
Destinatari dell’avviso di conclusione indagini, oltre alle due società, sono Luigi Nerini, titolare della Ferrovie del Mottarone, Enrico Perocchio, direttore d’esercizio, Gabriele Tadini, capo servizio, e, per Leitner, incaricata della manutenzione, Anton Seeber, presidente del Cda, Martin Leitner, consigliere delegato e Peter Rabanser, responsabile del customer service. Si va verso l’archiviazione per 6 tecnici esterni la cui posizione è stata stralciata.
Le indagini, condotte dai carabinieri, sono state coordinate dal Procuratore di Verbania Olimpia Bossi e dal pm Laura Correra. I reati contestati a vario titolo sono attentato alla sicurezza dei trasporti, rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, disastro colposo, omicidio plurimo colposo, lesioni colpose gravissime e solo per Tadini e Perocchio anche il falso.
Dai primi accertamenti, in base ai racconti delle persone informate sui fatti e e al materiale sequestrato, subito sono emersi i due temi centrali: il cavo tranciato e il mancato funzionamento del sistema frenante di sicurezza dovuto all’inserimento dei cosiddetti forchettoni per evitare che la cabina, poi precipitata con a bordo i passeggeri, si bloccasse durante la corsa.
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Si legge nell’avviso di chiusura indagini: “In concorso tra loro, con piu’ azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, (…) apponevano i cosiddetti forchettoni di colore rosso sulla parte superiore del carrello delle cabine n. 3 e 4 dela tratta Alpino-Mottarone, Tadini materialmente, Nerini e Perocchio avallando e, in tal modo, rafforzando la determinazione del caposervizio, e, pertanto, apponevano dei dispositivi di esclusione di una funzione di sorveglianza-sicurezza, (…) aventi la funzione di escludere il sistema frenante di emergenza della cabina, tenendo aperte le ganasce poste sulla fune portante dell’impianto, in tal modo rimuovendo un sistema di sicurezza destinato a prevenire disastri e/o infortuni sul lavoro”.
Per questo Nerini, Perocchio e Tadini sono stati fermati dai pm nella notte tra il 25 e il 26 maggio ma il gip, ritenendo non ci fossero i presupposti (il pericolo di fuga), non ha convalidato il fermo: la sera del 29 maggio ha rimesso in libertà i primi due e ordinato gli arresti domiciliari solo per Tadini riconoscendo nei suoi confronti i gravi indizi in base alle prime testimonianze. Una decisione che, per una questione formale, ha aperto uno scontro tra toghe arrivato a fino al Csm, mentre il procedimento è stato riassegnato a un altro giudice.
Qualche mese dopo il nuovo gip ha accolto la richiesta di incidente probatorio e nominato due collegi di periti per far luce sulle cause dell’incidente. Nel frattempo la Procura ha iscritto nel registro degli indagati altre 11 persone: Leitner con i suoi vertici, la società Ferrovie del Mottarone in qualità di ente e un gruppo di 6 tecnici, quelli ora stralciati in vista della richiesta di archiviazione, dipendenti di aziende super specializzate che, in subappalto, si sono occupate dei controlli e pure colui che ha realizzato la testa fusa della funivia.
Eitan, storia di un bambino conteso
Le perizie, depositate nel settembre scorso e che hanno poi indotto gli inquirenti a sfoltire l’elenco degli indagati, hanno ricostruito le carenze nei controlli e nella gestione dell’impianto: hanno rilevato che la fune era corrosa ben prima dell’incidente e una corretta manutenzione avrebbe potuto rilevarlo. E poi l’uso costante dei forchettoni che non ha lasciato scampo. Nell’incidente, avvenuto circa alle 12.15 del 23 maggio, hanno perso la vita 14 persone, tra cui due bambini. Solo il piccolo Eitan, che all’epoca aveva cinque anni, è sopravvissuto.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-05-19 08:02:30 ,torino.repubblica.it