Quando uscì, Mrs. Doubtfire lasciò tutti di stucco. Robin Williams era all’apice della popolarità e del successo, era la maschera di gomma, era mille voci, era il clown che tutti adoravano. E cosa fece? Si dedicò alla trasposizione del romanzo Anne Fine, dividendo la critica per il tema, scomodo, difficile, anche doloroso per la messa in scena che ne scaturì. A 30 anni esatti dall’uscita in sala, Mrs. Doubtfire rimane una delle analisi più belle sul concetto di separazione, di paternità, maternità e ricominciare da capo.
Mrs. Doubtfire ha come protagonista Daniel Hillard (Robin Williams) un doppiatore tanto talentuoso, quanto oggettivamente ingenuo, sempre in difficoltà nel mantenere una posizione lavorativa. Padre devoto, premuroso, amico prima di tutto dei suoi figli, non si accorge che il suo matrimonio è in pericolo. Quando la moglie Miranda (Sally Field) si trova la casa quasi semi distrutta per la festa di compleanno del figlio Chris, tutti i nodi di un rapporto ormai logoro vengono al pettine e chiede il divorzio. Mrs. Doubtfire partiva da questa rottura sentimentale per parlarci di un uomo disposto a qualsiasi follia, compreso mascherarsi da tata 70enne, pur di passare più tempo con i propri figli. Il romanzo della Fine era stato molto apprezzato, ma il modo in cui Chris Columbus lo portò sul grande schermo, basandosi su una sceneggiatura di Leslie Dixon e Randi Mayem Singer, fu incredibile. A metà tra tradizione e innovazione, il film funziona soprattutto grazie a lui, a Robin Williams. Della sua carriera questa commedia sulla famiglia rappresenta con ogni probabilità l’apice per quello che riguarda la sua capacità di indossare ora la maschera del comico ora del tragico. Mrs. Doubtfire rappresenta un’anomalia persino all’interno del genere comedy, che proprio negli anni ’90 avrebbe raggiunto il suo apice. Perché la realtà, è che questo film è sempre stato agrodolce, tanto attraversato da una comicità sovente e demenziale, quanto connesso a temi come il dolore, la solitudine, la separazione e in generale la sensazione di fallimento che dal sentimentale, sovente rischiava di abbracciare anche l’esistenza in sé.
Mrs. Doubtfire va valutato in un’ottica particolare, visto che il tema del divorzio e delle rispettive responsabilità genitoriali, diritti e doveri delle coppie separate, tiene banco ancora oggi. Robin Williams che diventa una candida governante (più una marea di altre cose) aiutato dal fratello truccatore gay, viene scoperto dai figli ma assieme a loro stringe un patto di complicità, critica parve a parte delle critica un po’ ruffiano e sentimentale. Successo incredibile al botteghino, questo film era invece affascinante e non ha perso nulla della sua potenza, soprattutto perché al di là dei momenti comici e trasformisti di un Robin Williams scatenato, parlava in modo moderno di una vicenda universale. Mrs. Doubtfire si fece forza soprattutto dell’iter di crescita dei due adulti protagonisti, entrambi chiamati a mettersi in discussione, ad abbracciare empatia, dialogo e immedesimazione nell’altro. Qualcosa che ancora oggi, nel XXI secolo, rimane una chimera. Ma la vera ricchezza del film è anche nel modo in cui gioca con il cliché della guerra dei sessi, nel mostrarci come entrambi gli adulti in questione siano molto meno perfetti, molto meno nel giusto di quanto entrambi pensino. Un elemento che dona all’insieme un taglio assolutamente anti hollywoodiano, nascosto dietro la sua essenza di racconto molto inerente alla sitcom, alla commedia familiare d’Oltreoceano, prodotto per l’infanzia. La verità? Oggi un film così sarebbe assolutamente improponibile per il pubblico più giovane.
Difficile scegliere quale sia il momento più bello di Mrs. Doubtfire. Forse la cena finale trasformista al ristorante, uno dei migliori pezzi comici di quel decennio. Hillard però, al netto della simpatia e sensibilità con cui Robin Williams lo tratteggia, non è l’eroe della vicenda e ce ne rendiamo conto. Disorganizzato, infantile, narcisista nel modo in cui sovente cerca di essere sempre al centro dell’attenzione, immaturo e pigro, non si mette mai in discussione, ignora il peso che la moglie deve portare sulle spalle, la trascura spesso e volentieri. Quindi è lei l’eroina della vicenda? Neanche. Materialista, piccola borghese frustrata che si perde dietro al classico fusto superficiale (David, un bravissimo Pierce Brosnan), Miranda solo nel finale, in quell’udienza in cui il marito viene umiliato dal giudice, fa autocritica e si rende conto che non esiste solo un modo di essere genitori. In tutto questo, è fondamentale notare come in Mrs. Doubtfire nessuno dei due chieda ai figli un’opinione o come si sentono, ma li metta di fronte quasi sempre al fatto compiuto. Il tutto spinge verso l’azzeramento del mito del focolare domestico, della famiglia perfetta, perché di famiglie perfette non ve ne sono, qualcosa che in quegli anni anche The Simpsons mostravano apertamente. Daniel e Sally devono accettare il fatto di aver commesso errori, di essere stati miopi e che tutto questo alla fine devono affrontarlo per far soffrire il meno possibile i figli.
Ma Mrs. Doubtfire è una commedia, lo rimane sempre, ed è ancora oggi insuperabile per il trasformismo di Williams, che solo un altro genio come Jim Carrey ha saputo eguagliare sul piano dell’abilità. Nel film si vide anche una straordinaria apertura verso il mondo queer e LGBT in generale, come del resto confermato da altri personaggi, da un continuo alternarsi tra William e la sua alter ego, al punto che ci si trova a chiedersi: quale dei due è vero, quale è un’invenzione. Un film sulla fluidità? Assolutamente sì. Hillard imparerà a fare molte cose che pensava fossero “da donne”, troverà nella maschera pirandelliana di una donna la libertà professionale che da uomo non aveva, capirà molto delle problematiche che una donna deve affrontare, ivi comprese attenzioni indesiderate da parte degli uomini. Miranda allo stesso modo capirà le difficoltà di Hillard, anche economiche e progettuali, ciò che egli ha dovuto affrontare, la solitudine che lo ha oppresso senza i figli e senza lei, che in quanto donna invece un nuovo partner lo può trovare molto più facilmente. Tutti elementi che rendono questa commedia, non familiare ma sulla famiglia, inestimabile per valore, audacia, complessità ed equidistanza. Grazie al finale che abbraccia il cambiamento e l’automiglioramento, Mrs. Doubtfire si è guadagnato un’iconicità transgenerazionale, ha saputo educare l’allora giovanissima generazione Millennial ad una visione meno stereotipata dei sentimenti, della famiglia e dei sessi. Il dramma è che oggi le risate sono prive di contenuto, dell’audacia e della complessità che questo film seppe donarci.
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di Giulio Zoppello www.wired.it 2023-11-24 05:30:00 ,