Il 28 luglio scorso è stato l’Overshoot day della Terra, il giorno in cui l’umanità ha esaurito le risorse naturali che il nostro Pianeta è in grado di generare in un anno, e a partire dal quale va quindi in “debito” con essa. Il calcolo, eseguito dal Global Footprint Network, è in realtà una media e varia di paese in paese. In Italia, ad esempio, quest’anno è stato il 15 maggio, il che fa di noi uno dei paesi più energivori del globo.
In generale, comunque, l’Overshoot day tende a cade ogni anno sempre prima: nel 1970, tanto per fare un esempio, è stato il 29 dicembre. Ma cosa significa, esattamente, esaurire le risorse che il pianeta può offrirci ogni anno? O, più precisamente, quali sono le attività per cui l’essere umano ha un impatto e una responsabilità maggiore nei confronti dell’ambiente? A provare a rispondere è stata un’équipe di scienziati dell’Università di Stanford, che ha appena messo a punto un nuovo database, chiamato The Human impact Database, per raccogliere dati riguardanti diversi aspetti della crisi climatica in cui l’attività dell’essere umano è una concausa conclamata.
Perché creare un portale
Il fatto che l’idea di creare questo portale sia venuta a un gruppo di scienziati californiani non è un caso. Secondo quanto scrivono nell’articolo che lo descrive, infatti, in California le conseguenze del cambiamento climatico sono particolarmente patenti: “Abbiamo una stagione degli incendi e una siccità pluridecennale, e volevamo sviluppare una comprensione più profonda dei modi in cui le attività umane possono aver prodotto cambiamenti così drammatici e conseguenti nel nostro ambiente locale e globale”. Le domande di partenza, scrivono ancora, sono molto semplici: quanta acqua e quanta terra utilizzano gli esseri umani, per esempio, o quanto metano viene prodotto ogni anno. L’obiettivo è quello di trovare risposte dirette e concrete, che possano quantificare qual è il contributo dell’essere umano nelle singole attività, e non solo negli ambiti che troviamo più spesso citati nella cronaca.
L’intervista
“Invasi sotterranei e altre strategie, una lotta antispreco per salvare l’acqua che abbiamo”
di
Luca Fraioli
Come funziona
Il database, consultabile all’indirizzo anthroponumbers.org, è diviso in cinque settori principali: acqua, energia, flora e fauna, cicli atmosferici e biogeochimici e territorio. Vi sono poi circa 20 sottocategorie, e per ogni attività si trova un numero globale che la descrive (il consumo totale se si tratta di una risorsa, ad esempio, o il livello di emissione totale nel caso di metano o anidride carbonica), e la percentuale di questo imputabile all’essere umano. In alcuni casi è presente anche uno storico che mostra l’evoluzione nel tempo, e per ogni voce c’è la possibilità di sapere come è stato effettuato il calcolo. È un portale pensato per essere utilizzabile da chiunque sia interessato, non solo scienziati, e si prepone di contribuire – scrivono gli scienziati – a un’alfabetizzazione collettiva sulla questione climatica e ambientale. Per questo, nel database ci sono anche circa 300 immagini e grafici che aiutano a visualizzare in maniera più semplice il significato dei numeri e il loro andamento nel tempo.
Numeri globali e divisione geografica
Alcuni esempi di cifre che si possono trovare nel database sono la produzione globale di plastica (400 miliardi di chilogrammi ogni anno), il numero di animali a oggi estinti (762 specie) o l’innalzamento medio annuo globale del livello del mare (circa 3.4 millimetri ogni anno). Parlare di valori medi globali, comunque, non è esaustivo e tralascia moltissime informazioni utili. Per questo i ricercatori hanno incluso anche stime riguardanti le diverse regioni e continenti, separatamente. La suddivisione rende conto del fatto che diverse società variano nelle preferenze alimentari (gli americani consumano relativamente poco pesce e molta più carne, ad esempio) e nello stile di vita, hanno diversi livelli di sviluppo economico, si affidano a risorse naturali diverse per costruire infrastrutture (legno o cemento), per generare energia (nucleare o carbone) e ospitano diverse industrie estrattive o inquinanti.
Nell’articolo che presenta il database, gli autori scrivono ancora che l’Asia domina per quanto riguarda il consumo idrico agricolo globale, utilizzando circa il 62% del totale, mentre il Nord America è in testa al prelievo idrico industriale. A livello pro capite, il Nord America è anche l’area che preleva più acqua per tutti gli usi: agricoli, industriali e domestici, e che emette più anidride carbonica, mentre nella produzione di CO2, l’Oceania e l’Europa sono al secondo e al terzo posto. Per quel che riguarda le emissioni di metano, invece, l’Oceania e il Sud America sono i maggiori emettitori, soprattutto a causa del numero di bovini, che in quelle regioni quasi pareggia il numero degli esseri umani e che produce questo potente gas serra attraverso la fermentazione enterica. Le disparità regionali sono evidenti anche nei mezzi di produzione di energia: per fare un esempio emblematico, pur consumando solo il 4% dell’energia totale, il Sud America genera circa il 14% dell’energia rinnovabile.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-08-05 05:00:12 ,
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-08-05 05:00:12 ,
Il post dal titolo: Nasce il portale che quantifica l’impatto delle attività umane sull’ambiente scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-08-05 05:00:12 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue