A questo tipo di analisi, l’algoritmo elaborato per analizzare Infinito ne affianca una che valuta gli elementi di ridondanza. Un po’ come avviene nei data center, dove ogni infrastruttura è duplicata per evitare che un guasto mandi in crash il sistema, anche la criminalità organizzata presenta strutture replicate. Ad esempio le piazze dello spaccio: se le forze dell’ordine ne chiudono una, le organizzazioni accusano certamente il colpo, ma sono in grado di rimpiazzarla in fretta. E se ci fosse invece una figura che le cosche non sono in grado di sostituire in maniera così agile?
I risultati dell’analisi
È esattamente una figura di questo tipo che l’algoritmo di Durante e soci è riuscita ad individuare analizzando i dati dell’operazione Infinito. Ovvero un individuo che non partecipa alle riunioni dei boss, ma è invece presente negli incontri con diverse locali. “Si tratta di uno dei membri più anziani, che gli inquirenti definiscono come un semplice affiliato”, spiegano dal team. E che però non appare avere un’affiliazione univoca, visto che prende parte agli incontri di diverse locali ‘ndranghetiste.
L’ipotesi è che si tratti di una figura che media tra le istanze delle diverse famiglie. Una figura, questo insegna invece l’analisi della ridondanza, unica nel suo genere. E proprio per questo centrale. Toglierla dallo scenario elimina infatti l’elemento di mediazione tra le diverse famiglie. E le costringe ad individuare una nuova figura che per esercitare il suo ruolo deve godere della fiducia di tutti gli attori in campo. Non a caso quella individuata da Durante era una figura con un’importante anzianità di servizio, per dire così.
In fase inquirente questa peculiarità non era emersa. “Negli atti del processo viene invece riconosciuto questo ruolo di mediazione”, dice il docente bocconiano, che rifiuta di fare il nome di questo soggetto e vuole che l’attenzione resti sul modello matematico. Chissà, però, cosa sarebbe successo se le forze dell’ordine avessero avuto a disposizione l’algoritmo che ha sviluppato durante la fase di indagini.
Limiti e sviluppi futuri
Ovviamente, l’applicazione di questo algoritmo in fase di indagine presenta delle difficoltà. “C’è un problema di accuratezza del dato che è fondamentale – concede Durante -. Siamo di fronte a una rete che lotta contro di te per non farsi scoprire”. Il modello, infatti, è stato applicato all’ordinanza di custodia cautelare, ovvero a indagine conclusa. Un’organizzazione criminale non è esattamente un’istituzione alla quale si possa chiedere il rilascio di dati in formato aperto: lo sforzo quotidiano degli investigatori è quello di raccogliere questi dati e ovviamente “non è detto che si riesca ad osservare tutti i criminali, è possibile che la rete sia più grande”.
Ma anche per stimolarne un’applicazione pratica, il codice utilizzato per l’analisi è stato rilasciato online dai ricercatori che l’hanno elaborato. Un codice sul quale si sta continuando a lavorare. Dice Durante: “Noi abbiamo analizzato la compresenza nei meeting, ma si possono prendere in considerazione anche le telefonate, le reti famigliari per ogni singola organizzazione. Il nostro obiettivo è quello di creare un metodo che estragga tutta questa informazione per fornire una conoscenza più complessa”. E chissà davvero che l’algoritmo non riesca a diventare un valido alleato per chi combatte la criminalità organizzata.
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di Riccardo Saporiti www.wired.it 2022-12-13 06:00:00 ,