L’orfana Nina è una ragazzina dallo sguardo fiero, nata proprio la notte che il mondo si è spento, che i coetanei chiamano “strega” ed evitano, perché quando è nei paraggi sembrano scatenarsi tempeste soprannaturali. Quando la violenza dell’umanità selvaggia e famelica irrompe devastando la comunità, Nina, braccata, fugge verso i boschi circostanti, rifugiandosi nello chalet dello schivo cacciatore Alessio e dei suoi lupi. Inizia così un periodo alla scoperta di sé stessa, del suo rapporto imperscrutabile con gli animali, delle sue origini arcane, di un legame magico e mistico con la Natura che ha le proprie radici in miti e profezie. Nina dei Lupi non è tanto una distopia fantascientifica quanto una fiaba fantasy cupa come la più nera parabola del folklore germanico a cui attingevano i fratelli Grimm.
Narra di come la tecnologia è stata azzerata in un solo colpo, di come con l’elettricità, l’uomo ha perso anche la civiltà. La dicotomia tra modernità e natura in lotta per l’egemonia si manifesta nella lotta, furiosa e senza quartiere, tra una società umana arrogante e prevaricatrice e quella forza generatrice che si è levata furiosamente per rivendicare la propria sovranità. Nina dei Lupi è scandito dalle tappe del bildungsroman: il s oggetto di questo romanzo di formazione è la Nina eponima – attraverso una tortuosa ricerca dell’identità – ovvero il mezzo per condurre lo spettatore in un’avventura che ha il sapore epico di leggende immerse nelle brume perenni e incantate della Montagna. La giovane e incompresa protagonista non è solo una ragazzina in cerca di accettazione, è l’incarnazione di divinità pagane e arcane, indomabili figlie di un animismo primitivo, primordiale e vendicativo sopravvissute per millenni solo nelle storie innocue del folklore.
La trasposizione si avvale di un cast azzeccato – sopra tutti un Sergio Rubini mellifluo e spregevole, una Sara Ciocca magnetica e incisiva – ; l’eccellenza della narrazione risiede nel segmento centrale (un’infografica rappresenterebbe il film con la forma stilizzata di una montagna), ovvero quello narrante la fuga di Nina e la sua convivenza con Alessio e i lupi della foresta ai piedi della montagna. Nella parte finale, violenta e concitata, il ricorso a una Cgi dilettantesca (ricorrere a soluzioni più artigianali avrebbe auspicabilmente giovato) abbassa il livello qualitativo della pellicola e rompe un po’ l’incanto. Anche la regia sembra meno convincente – e convinta – quando Nina dei Lupi volge alla fine verso un anticlimatico confronto che penalizza la potenza del personaggio di Nina, ma il fascino della bimba che incarna la forza della Natura non ne viene intaccato.
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di Lorenza Negri www.wired.it 2023-08-30 13:30:00 ,