No al Green Pass, Pinto: «Una battaglia minoritaria che banalizza il tema-libertà»

No al Green Pass, Pinto: «Una battaglia minoritaria che banalizza il tema-libertà»

No al Green Pass, Pinto: «Una battaglia minoritaria che banalizza il tema-libertà»


Mezzogiorno, 2 settembre 2021 – 08:45

L’amministrativista Ferdinando Pinto analizza il fronte dei negazionisti«La Costituzione parla di diritti, ma anche di doveri dei cittadini. L’obbligo va sancito, ma c’è la politica di mezzo»

di Simona Brandolini

«Sono arrabbiato, non saprei utilizzare un altro termine. Perché gli appelli, le manifestazioni contro il green pass banalizzano un tema serissimo come quello delle libertà nella società moderna». Ferdinando Pinto, professore di Diritto amministrativo alla Federico II, già docente di Diritto costituzionale, ha appena terminato la lettura dell’appello promosso da accademici, ricercatori, che invocano la Carta costituzionale contro il «lasciapassare delle discriminazioni».

Che ne pensa?

«C’è un equivoco di fondo nell’appello contro il green pass, i firmatari richiamano la Costituzione. Ebbene la nostra Costituzione parla di diritti sì, ma anche di doveri dei cittadini. La prima parte, a proposito di principi, parte proprio dai diritti e dai doveri. Il discorso della libertà dunque non ha senso se non si inquadra in questa logica. È alla base delle democrazie moderne».

Chi invoca la dittatura sanitaria, la deriva autoritaria dello stato emergenziale, dove sbaglia?


«Perché è vero proprio il contrario. Il ragionamento di chi si dice contrario è intrinsecamente contradditorio perché l’esaltazione della libertà senza limiti comporterà proprio la limitazione della libertà stessa».

Può fare un esempio?

«Se stressiamo il concetto di libertà a quelle economiche apriamo la strada ai grandi monopoli, alla libertà dei pochi che comprime quella dei singoli, e ce lo insegnano proprio le teorie liberali che i firmatari contestano. Insomma su un profilo alto non regge proprio il ragionamento. Mi domando perché non si scandalizzino allora per i limiti di velocità o per il divieto di sosta. In quel caso non manifestano».

Cosa pensa del fatto che i firmatari siano suoi colleghi? Facciano parte dell’Accademia?

«Attenti a non farlo passare come appello dell’Accademia. Gli appelli dell’Accademia li fa l’Accademia, non gli accademici, al di là della qualità di chi lo ha sottoscritto».

Li considera cattivi maestri?

«L’etichetta di cattivi maestri non mi piace, dà un valore morale. I maestri sono maestri anche quando sono cattivi. Quello che manca è il fatto che il vero maestro ama il contradditorio, coltivi il dubbio, non ha queste certezze. Un manifesto così tranchant fa male anche a chi lo sottoscrive. Il tono poi è molto discutibile e lascia il tempo che trova. E non ultimo è pubblicato su un sito negazionista. Anche questa è una contraddizione».

Lei sarebbe favorevole al vaccino obbligatorio?

«Io personalmente sì».

Ma secondo lei l’obbligatorietà è incostituzionale o no?

«La legge consentirebbe, qualora venisse emanata, l’obbligatorietà in virtù di una solidarietà generale, ma ci sono evidenti problemi politici. Poi c’è la Corte costituzionale che stabilisce se una norma è costituzionale oppure no. Ma bisogna accettare la regola. Questo è il punto».

La maggioranza degli italiani è vaccinata e non contraria al green pass. Questo è oggettivo.

«Infatti è una battaglia minoritaria, il 95 % del Paese è favorevole al green pass. Si tratta di minoranze rumorose che hanno eccessivo riscontro mediatico. Ma c’è una cosa che mi fa arrabbiare più di tutto».

Quale?

«Che un tema serio come quello delle libertà nelle società moderne venga affogato nella banalità del dibattito sul green pass».

Tema che investe proprio la questione dei dati personali, tra l’altro.

«Appunto. Questa gente usa normalmente il telefonino e regala i propri dati a sconosciute multinazionali. Io non ho neanche whatsapp né un profilo social, come piccola forma di protesta. Invece chi firma appelli o manifesta normalmente inonda facebook di informazioni personali. Chiederei a qualcuno di loro: non è meglio che le chieda lo Stato, che è sicuramente democratico, rispetto a un privato?».

Ma lei cosa farebbe allora?

«Bisognerebbe fare come in Francia: spegnere i riflettori su questo tipo di dibattito e accenderli su questioni più serie e più noiose».

Dipende dai media, ma non solo. Alcune forze politiche stanno cavalcando paure e contraddizioni dall’inizio della pandemia.

«Questi stessi partiti politici se governassero da soli metterebbero sicuramente il vaccino obbligatorio».

2 settembre 2021 | 08:45

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, 2021-09-02 06:46:54
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