Il discorso del capo dello Stato in occasione della cerimonia per l’accensione della lampada presso la tomba del santo di Assisi
«Non ci arrendiamo alla logica della guerra, che consuma la ragione e la vita delle persone e spinge a intollerabili crescendo di decessi e devastazioni. Che sta rendendo il mondo più povero e rischia di avviarlo verso la distruzione. E allora la richiesta di abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra. E allora il dialogo. Per interrompere questa spirale. Pace, libertà, giustizia, democrazia si difendono con strumenti di pace, di libertà, di giustizia, di democrazia. I mezzi sono parte dei fini; e devono essere con essi coerenti». Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella pensa all’Ucraina pronunciando il suo discorso alla Nazione dal loggiato del Sacro Convento di Assisi, nel giorno di San Francesco, e al termine della celebrazione liturgica nella Basilica Superiore. Liturgia durante la quale è stato proprio il presidente Mattarella, a nome dell’Italia intera, ad accendere la lampada che arde presso la tomba di San Francesco, dedicata quest’anno a tutti coloro che si sono prodigati per contrastare il Covd-19. A due anni dalla pandemia, il ritorno della cerimonia ha visto presente anche il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi. Ad accogliere il capo dello Stato sono stati il custode del Sacro Convento, fra
Marco Moroni, la presidente della Regione Umbria Donatella Tesei e la sindaca di Assisi Stefania Proietti.
La figura di San Francesco
«Oggi la Chiesa cattolica ricorda e celebra san Francesco — ha esordito Mattarella —. Di Francesco la figura, la vita e la testimonianza rivestono un significato profondo, non soltanto per i credenti. Il Parlamento della Repubblica ha infatti voluto riconoscere il 4 ottobre come momento dedicato ai valori universali di cui San Francesco e Santa Caterina, patroni d’Italia, sono espressione, qualificando questa giornata come “solennità civile e giornata della pace, della fraternità e del dialogo tra appartenenti a culture e religioni diverse”. Vi è sapienza in queste norme dettate dal legislatore. Raccolgono anche il senso del messaggio spirituale del Santo e indicano alla nostra comunità un cammino di speranza, di condivisione, di attenzione anche nei confronti della natura che ci è madre e a cui non abbiamo portato il rispetto dovuto. Affermazione di questi sentimenti è la tradizione della Lampada votiva, offerta dai Comuni d’Italia. Un gesto di fraternità che è prova di unità ed è espressione della pluralità che rende il nostro Paese così ricco di esperienze, di bellezze, di creatività, di passioni civili. San Francesco è una delle radici antiche della nostra identità. La forza profetica delle sue scelte di vita ha esaltato valori che sentiamo vivi per il domani dell’Italia, dell’Europa, del Mediterraneo, del mondo».
La pace
Non poteva non parlare di pace, il capo dello Stato: «La pace, anzitutto. La nostra Costituzione l’ha, coerentemente, iscritta come fondamento e traguardo della nostra comunità — ha detto ad Assisi —. Quella pace tradita proprio nel cuore dell’Europa, che, nella prima metà del secolo scorso, aveva conosciuto gli abissi del male e si era riscattata con nuovi ordinamenti interni e internazionali. Non ci arrendiamo alla logica di guerra, che consuma la ragione e la vita delle persone e spinge a intollerabili crescendo di decessi e devastazioni. Che sta rendendo il mondo più povero e rischia di avviarlo verso la distruzione. E allora la richiesta di abbandonare la prepotenza che ha scatenato la guerra. E allora il dialogo. Per interrompere questa spirale. Sono trascorsi ottocento anni dall’incontro tra Francesco d’Assisi e Malek al-Kamel. Ed è la sincera volontà di dialogo ciò cui sono chiamati anzitutto i Paesi e le istituzioni, per garantire futuro all’umanità. La pace è un diritto iscritto nelle coscienze e rappresenta l’aspirazione più profonda di ogni persona, appena alza lo sguardo oltre il suo presente».
L’ecologia e l’ambiente: una sfida importante
La pace, però, spiega ancora il presidente della Repubblica, «non è soltanto assenza di combattimenti bensì — ci ricorda san Francesco — è connaturata all’armonia con il Creato. Quando si consumano a dismisura le risorse, quando si depreda la natura, quando si creano disuguaglianze tra i popoli, quando si inaridisce il destino delle future generazioni, ci si allontana dalla pace. Dobbiamo riparare, restituire. È la grande urgenza della nostra epoca. Non abbiamo altro tempo oltre questo. È un compito che riguarda tutti noi —nessuno è irrilevante — nessuna buona opera è inutile. È un compito che va svolto insieme. Il Papa, che per primo ha scelto il nome di Francesco — e a cui rivolgiamo da Assisi un saluto deferente e riconoscente — ci ha offerto una chiave di interpretazione e di impegno parlando di “ecologia integrale”. È proprio questa la sfida. Equilibrio ambientale da ricomporre; giustizia sociale da perseguire rimuovendo gli ostacoli che le contingenze frappongono; diritto di ogni donna e di ogni uomo a sviluppare appieno la propria personalità».
Il cammino della Repubblica
Mattarella ha poi rivendicato il percorso dell’Italia dalla scelta della Repubblica in avanti: «Con la sua vita, con le sue rinunce, divenute pienezza, san Francesco aveva compreso in anticipo e si è posto alla testa di quanti vogliano condividere questa visione di salvezza per l’umanità. I gesti compiuti oggi in questa Basilica non rappresentano, quindi, un rituale. Corrispondono alla consapevole rivendicazione del cammino che la Repubblica ha saputo compiere con la ricostruzione nazionale e lo sviluppo dopo la dittatura e la guerra, consolidando democrazia e libertà, recando nel mondo il contributo di un Paese operoso, creativo, aperto alla cooperazione e all’incontro tra le culture. Sono gesti, quindi, che avvertiamo come un vincolo morale, per esprimere l’assunzione di valori e di criteri di vita».
La pandemia
Nel discorso di Mattarella anche un doveroso passaggio sul Covid: «La Conferenza episcopale italiana ha voluto ricordare, in questa occasione, tutti coloro che, con sacrificio, talvolta anche della propria vita, si sono prodigati per contrastare il Covid-19 e le sue molteplici conseguenze e, insieme, per ricordare le tante vittime di questa pandemia. Un atto di riconoscenza collettiva e un gesto di memoria riguardo a una calamità senza precedenti che ha colpito il nostro popolo. Un ringraziamento per gli operatori della sanità anzitutto, per tutti i militari e i civili che sono stati volto e braccia delle istituzioni, per gli operatori dei servizi essenziali, per le famiglie che hanno sopperito con amore a ogni genere di carenza, per i volontari che hanno portato fraternità dove c’era dolore, conforto e amicizia dove cresceva la paura. Quella drammatica emergenza ha reso evidenti sentimenti radicati. La solidarietà, la responsabilità verso gli altri, il senso del dovere. Abbiamo saputo affrontare insieme i momenti duri e dolorosi della pandemia grazie all’apporto della scienza, all’organizzazione sanitaria e alla professionalità del suo personale. E — va sottolineato — grazie a quel senso di comunità che è presente anche se, talvolta, sottovalutato e che sa tradursi in comportamenti responsabili e attivi. È accaduto nei decenni passati. Si è ripetuto. È stata una ricercata ancora di salvataggio. La pandemia ci ha ricordato i nostri limiti — ha aggiunto il capo dello Stato —. Ci ha costretti a ripensare a ciò che è essenziale e a ciò che è superfluo. Ci ha fatto toccare con mano quanto abbiamo bisogno gli uni degli altri. Anche a livello internazionale, con un’Europa che ha saputo essere protagonista positiva, aperta anche al sostegno verso popoli meno fortunati in altri continenti. È con questo senso di comunità che ci rivolgiamo nuovamente, con il nostro pensiero, ai tanti concittadini che non ci sono più, ai familiari che ancora li piangono, a coloro che – nei giorni più terribili – non hanno avuto neppure il conforto di un parente al capezzale o di un funerale. La pandemia non è definitivamente sconfitta, anche se l’azione dei immunizzazioni e la risposta responsabile degli italiani ne hanno frenato l’espansione, ne hanno ridotto grandemente la pericolosità e hanno salvato la vita a decine di migliaia di persone. Vi sarà ancora bisogna di intelligenza collettiva e responsabilità».
Libertà, giustizia e democrazia
Ricordando ancora la figura di San Francesco, «che attribuiva maggiore importanza alla coerenza dei comportamenti piuttosto che alle parole che li descrivono e li interpretano», Mattarella lo ripete e insiste su questo punto: «Più che le parole i comportamenti parlano; e la coerenza è la modalità, la condizione per dialogare in modo autentico. Le religioni – tutte – hanno responsabilità nella costruzione della pace. Scavano fossati quando legittimano la violenza e il sopruso, se giustificano comportamenti di morte. Diventano straordinari vettori di riconciliazione e di crescita quando professano con determinazione lo spirito del dialogo e dell’accoglienza, quando riconoscono l’umanità nell’uomo, in ogni persona, anche in quelle di altri fedi. Abbiamo bisogno dello spirito di Assisi; e che si propaghi! Pace, libertà, giustizia, democrazia si difendono con strumenti di pace, di libertà, di giustizia, di democrazia. I mezzi sono parte dei fini; e devono essere con essi coerenti. Ci avviciniamo all’ottocentesimo anniversario della morte di Francesco d’Assisi. A lui guardiamo come a uno dei padri della nostra civiltà, come a un visionario che plasma la realtà, capace di indicare un percorso verso un futuro al quale intendiamo essere fedeli. Un futuro migliore. È questo, oggi, da Assisi, l’augurio per l’Italia e per il mondo».
L’omelia del cardinale Zuppi
Il cardinale Zuppi nell’omelia aveva voluto per prima cosa ringraziare Mattarella per il suo servizio «raddoppiato» in difesa dei «valori costitutivi»: «Grazie perché ci rappresenta e ci incoraggia a sentirci parte di questo bellissimo paese» ha detto il presidente della Cei. «Se ne esce solo insieme! Le difficoltà non sono affatto finite. Lo vediamo drammaticamente nel mondo e nel nostro Paese. Affidiamo l’Italia all’intercessione del nostro Patrono. Sostenga, in un momento così decisivo, l’amore politico e di servizio alla dimora comune, perché nella necessaria diversità tutti concorrano all’interesse nazionale, indispensabile per rafforzare le istituzioni senza le quali nessun piano può essere realizzato e per affrontare delle spine così grandi». Per parlare della guerra Zuppi ha usato la metafora francescana del lupo: «Con San Francesco crediamo che il lupo terribile della guerra sia addomesticato e facciamo nostro l’accorato appello di Papa Francesco indirizzato certo ai due presidenti coinvolti direttamente – un aggressore e un aggredito -, ma anche a quanti possono aiutare a trovare la via del dialogo e le garanzie di una pace giusta».
4 ottobre 2022 (modifica il 4 ottobre 2022 | 12:23)
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Redazione online , 2022-10-04 10:31:04 ,