L’ex presidente della banca risponde alla commissione parlamentare: «Avevo rapporti con Gotti Tedeschi, ma alla Ior non ci ho mai messo piede. Rossi era come un fratello, ma seppe dell’operazione Antonveneta solo quando la notizia divenne pubblica»
«Non era il modo di esprimersi di David Rossi: non lo riconosco in questi biglietti di addio». Poi: «Certo che avevo rapporti con Ettore Gotti Tedeschi. Ma allo Ior io non ci ho mai messo piede». E poi: «David era come un fratello», per poi precisare per respingere ogni possibile allusione «ma non in senso massonico». Dopo 10 anni di assoluto riserbo, Giuseppe Mussari, ex presidente di Mps, riappare in pubblico per parlare della morte del capo della comunicazione del Monte e degli aspetti che determinarono l’inizio della crisi della banca più antica del mondo. Lo fa davanti alla commissione parlamentare d’inchiesta istituita per fare luce sulla vicenda del manager che la sera del 6 marzo 2013 morì precipitando dalla finestra del suo ufficio al terzo piano di Rocca Salimbeni, a Siena. Una seduta iniziata alle 10.30 di mercoledì 16 e passata alle 14 in seduta segreta.
Gli ultimi messaggi
Tra i punti oscuri della morte di Rossi ci sono anche i biglietti di addio trovati nel cestino dello studio. Biglietti nei quali Rossi si rivolge alla moglie Antonella Tognazzi chiamandola «Toni». Un modo di esprimersi che la moglie non ha riconosciuto come tipico del marito. Mussari conferma: «Di Tonia non ne ho memoria, di Antonella ho memoria. Per me la chiamava Antonella». Tutto il testo non lo convince: «Non era il modo di esprimersi di David Rossi: non lo riconosco in questi biglietti di addio». Anche le mail di aiuto inviate pochi giorni prima del suicidio, per Mussari non sono nello stile dell’amico. «Era questo il registro di Rossi?», gli viene chiesto. L’avvocato Mussari prima invita a fare un confronto fra testi di Rossi, come le prefazioni ai cataloghi di certe mostre promosse da Mps «fra cui quella della mostra su Corto Maltese scritta a quattro mani da me e David», poi conclude: «Non collimano, no». Ma Mussari precisa di non avere elementi per giudicare come suicidio o omicidio il volo di Rossi dalla finestra al terzo piano di Rocca Salimbeni. Però «sto con Antonella, per scelta ontologica. Dove c’è lei, ci sono io», dice. E la vedova da anni ritiene che David Rossi sia stato ucciso.
Dopo dieci anni di silenzio
Mussari, se si fa eccezione alle dichiarazioni rese il 29 gennaio 2014 davanti ai magistrati (famosa la sua esclamazione davanti ai giudici «Io Maramaldo, no!»), non aveva proferito verbo dal 27 aprile 2012, quando fu costretto a lasciare il timone di Mps. Ora torna a farlo. Più volte si commuove quando ricorda l’amico di una vita: «Ho amato David come un fratello. Ha iniziato a lavorare alla fondazione Monte dei Paschi e ho chiesto alla banca di assumerlo perché era il più bravo di tutti», ricorda. E poi: «Non ho mai confidato nulla a David né lui a me, ma ero certo che se avessi avuto bisogno lui c’era ed è questo che lo rendeva a me particolarmente caro». E riguardo la possibilità che, visto il suo ruolo apicale nella comunicazione, Rossi fosse al corrente dell’operazione Antonveneta, Mussari è categorico: «Dell’acquisizione ce ne occupammo esclusivamente io e il direttore generale Antonio Vigni. Rossi seppe della notizia solo quando venne il momento di renderla pubblica». Poi aggiunge un particolare sui banchieri: oltre a lui e Vigni, «l’unico che sapeva dell’operazione era il banchiere di Rothschild Alessandro Daffina, perché la propose» mentre «Andrea Orcel (oggi ceo di Unicredit, ndr) arrivò come tanti altri quando la transazione era finita».
La «manina» della fuga di notizie
Lo scandalo Mps esplose a inizio 2013 con due fughe di notizie relative ai cosiddetti “derivati” Alexandria e Santorini realizzati con le banche internazionali Nomura e Deutsche Bank, a gennaio 2013. Anche in seguito alla pubblicazione dei dettagli di questi contratti su Bloomberg e poi soprattutto sul Fatto, e al tracollo di Borsa che ne seguì, Mussari — che nell’aprile 2012 aveva lasciato la presidenza della banca — lasciò anche il vertice dell’Abi. Che idea si è fatto di quella doppia fuga di notizie? — gli chiede un deputato — sono uscite dalla banca secondo lei? Mussari coglie il punto: «Non lo so, certamente quelle informazioni che sono veicolate non erano solo in possesso della banca, basta guardare i fascicoli di indagine e incrociare le date di acquisizione per averne contezza. È andata come lei ha detto. Quale è stata la manina non la conosco».
Rossi e le operazioni segrete
Quelle operazioni e il presunto documento «segreto», il cosiddetto «mandate agreement» furono alla base dell’indagine a carico di Mussari. L’avvocato snocciola le date: condannato a Siena a 3 anni e mezzo a fine 2014, assolto nel 21017 a Firenze in appello «perché il fatto non costituisce reato», nel 2019 la Cassazione conferma l’assoluzione ma annulla la sentenza perché la corte d’appello deve valutare «se il fatto non sussiste» e non solo che non costituisca reato, puntualizza Mussari. La decisione non c’è ancora stata. Il «fatto» è l’occultamento del contratto con Nomura, quello che l’allora presidente Mps lesse al telefono in una chiamata, pubblicata proprio sul quotidiano diretto da Marco Travaglio. «Ritengo che David Rossi nulla sapesse delle operazioni Alexandria e Santorini, oggetto di indagine della procura di Siena», ha spiegato Mussari. «Era già stato interrogato, non credo avesse cose di chissà quale significato, di chissà quale rilevanza da riferire. I suoi computer, i suoi strumenti elettronici, la sua posta, sono stati analizzati, da qui nulla è emerso nei fascicoli che mi riguardano, ma ritengo neanche in altri fascicoli altrimenti sarebbero inevitabilmente emersi».
16 febbraio 2022 (modifica il 16 febbraio 2022 | 14:51)
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Claudio Bozza e Fabrizio Massaro , 2022-02-16 13:51:55
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