Nothing, il videogame in cui vince chi non fa nulla

Nothing, il videogame in cui vince chi non fa nulla

Nothing, il videogame in cui vince chi non fa nulla


Nothing è un videogioco diverso da tutti gli altri perché per vincere è necessario non fare nulla, ma proprio nulla: lo scopo è quello di evitare qualsiasi tipo di attività perché basta anche solo muovere il mouse per perdere. Si può quindi considerare Nothing ciò che più di lontano può esserci da un videogioco, la negazione stessa dell’intrattenimento e un inno provocatorio a perdere tempo nella totale immobilità e staticità. In un presente sempre più frenetico e con una soglia di attenzione sempre più bassa, non è quindi esagerato definire Nothing come il videogioco più difficile di sempre.

Ok, tutto molto bello, ma come appare graficamente un gioco del genere? Semplice: è una schermata grigio scura con una scritta centrale bianca che conta quanto tempo si è trascorso senza fare nulla. Basta una qualsiasi azione come per esempio muovere il mouse oppure cliccare un tasto a caso sulla tastiera ed ecco che l’interazione porta dritti al game over. Qui sotto un video di gameplay – se così si può definire – in cui si può apprezzare un minuto di gioco a Nothing, senza immagini, animazioni, nulla. Anzi, nothing.

Che senso ha un gioco del genere? Si possono trarre molteplici spunti di riflessione. Da un lato va in drastica controtendenza rispetto a videogiochi moderni, sempre più curati sotto il profilo grafico e con dimensioni sconfinate, ma spesso poveri in termini di idee e originalità. Dall’altro è una velata critica alla dipendenza da intrattenimento digitale di qualsiasi tipo e la prova di come sia più difficile non fare nulla anche solo per una manciata di secondi piuttosto che scrollare in modo indefinito migliaia di post o video su social network con il cervello in standby. Il gioco si scarica gratuitamente da Steam e richiede il sistema operativo Windows dalla versione 7 in poi. Per la cronaca, attualmente ha 624 recensioni con una media molto positiva.



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di Diego Barbera www.wired.it 2024-01-12 15:02:54 ,

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