“Dovevamo farlo ora perché la rivoluzione dell’intelligenza artificiale sta cambiando tutto e perché, al contempo, un terzo della cittadinanza mondiale è ancora disconnessa e ci occorrono dati su quella parte di mondo: su come vive il digitale che ha difficilmente conosciuto, per esempio, e come si approccia ai nuovi servizi”. A parlare è Guy Diedrich, SVP e Chief Innovation Officer di Cisco, che insieme all’Ocse ha lanciato al settimo riunione mondiale sul benessere dell’organizzazione tenuto a Roma nei giorni scorsi il Digital Well-being Hub per studiare in modo olistico l’impatto della tecnologia sul benessere e disegnare politiche inclusive che tengano conto di informazioni raccolte di prima mano, direttamente dalla “voce” delle persone. La piattaforma è il “primo esperimento di questo genere” sottolinea Diedrich, che guida anche i programmi di Country Digital Acceleration e Networking Academy nei vari mercati in cui Cisco il gruppo è presente. È l’uomo che porta Cisco oltre il core business delle reti, dell’intelligenza artificiale, della cybersicurezza e dei software verso la cura per le comunità in cui la multinazionale statunitense lavora.
“Per benessere digitale intendo il modo in cui ci sentiamo quando facciamo esperienza del mondo, e in questo caso come ci sentiamo nelle diverse dimensioni del mondo digitale. Una delle cose che abbiamo fatto negli anni passati è stato studiare molto e bene l’alfabetizzazione digitale – spiega Diedrich – ciò che invece non abbiamo studiato in modo estensivo è la maniera in cui le persone fanno esperienza del digitale e l’impatto sul loro benessere. Con l’Ocse vogliamo esplorare proprio questo fronte”. Come? Con un’indagine dedicata e anonima a cui chiunque può rispondere, disponibile sulla piattaforma. Dove trovare naturalmente, come aggiunge Romina Boarini, direttore del Centro Ocse per il Benessere, l’inclusione, la sostenibilità e le pari opportunità (Wise), “tutto il corpus di indagini e rapporti tradizionali di Ocse, che si integrano e affiancano a un lavoro di raccolta dei dati che invece vuole essere grazie a questo progetto più rapido e veloce, in grado di allinearsi alla rapidità dell’evoluzione tecnologica e di partorire indicazioni chiare e utili per chi deve prendere decisioni politiche”.
Un’operazione pionieristica in cui l’organizzazione stringe un’alleanza con il colosso per “indagare in particolare il benessere digitale sulla base dei report personali, attraverso il crowdsourcing – aggiunge il vicepresidente di Cisco – e capire come per esempio le persone utilizzano i servizi sanitari e governativi, come si sentono rispetto alla loro esistenza iperconnessa, visto che entro il 2030 avremo diverse centinaia di miliardi di oggetti connessi. Ci servono dati empirici e concreti senza rinunciare al precisione accademico da cui sono contraddistinti i tradizionali report di Ocse”. Insomma, il punto di partenza di Ocse e Cisco era la convinzione che mancasse uno strumento utile a indagare come le tante e pressanti dimensioni della nostra esistenza digitale incidano sull’esperienza quotidiana delle persone: in che modo non avere competenze digitali potrebbe limitare le opportunità di lavoro? In che maniera cambiano la grammatica del nostro dibattito online e offline? E come potrebbero precludere l’accesso alla formazione online, a servizi sanitari o favorire e impedire l’impegno civico? “Sono informazioni che potranno essere utili a costruire un contesto digitale più inclusivo e sicuro per tutti, combinando la potenza di Cisco presente in 190 paesi del mondo con l’enorme corpus di indagini dell’Ocse” dice il vicepresidente del gruppo.
Il Digital Well-being Hub difficilmente lanciato da Cisco e da Ocse ha dunque l’obiettivo di approfondire la relazione tra tutti questi aspetti, con una prospettiva olistica sul benessere digitale che crei connessioni tra fattori quali la soddisfazione per la propria vita, la salute mentale, strumenti e etica dell’AI, competenze digitali, sicurezza informatica, impegno civico, coscienza climatica e connessioni sociali. L’hub si basa sul Well-being Framework dell’Ocse e, come detto, oltre a catturare dati in tempo reale legati al benessere delle persone, ai comportamenti digitali e alle disuguaglianze nell’uso della tecnologia, apre le porte possono all’esplorazione e all’interazione interagire con le conoscenze attuali dell’Ocse. Boarini porta un ulteriore esempio: “Fino al 14% delle persone che vive nei paesi Ocse si sente sola, un fenomeno che potrebbe essere esacerbato dall’uso di strumenti digitali. Grazie alla nostra collaborazione con Cisco, esploreremo le conseguenze inattese di un uso eccessivo o problematico del digitale e capiremo come le persone vivono nel mondo digitale. I risultati dello studio ci aiuteranno a plasmare le politiche al riguardo, per un futuro più equo e inclusivo”.
I contributi forniti dai visitatori dell’Hub alimenteranno un progetto di osservazione pionieristico che andrà oltre l’aspetto tecnologico. “Certo che ci occupiamo di tecnologia, ma proprio per questo ci occupiamo da oltre 25 anni anche di formazione, educazione e aggiornamento delle persone, le vere piattaforme di lancio per una vita migliore” dice Diedrich – per individuare quegli elementi in grado di migliorare la qualità della vita digitale di tutti. Secondo il vicepresidente di Cisco i protagonisti del mondo tecnologico hanno una serie di obblighi verso la società: “Dobbiamo connettere chi non è connesso, dobbiamo fare in modo che i nostri strumenti siano integri e non possano essere strumentalizzati, per esempio che i dati su cui si basano le intelligenze artificiali non siano pregiudizievoli, e infine dobbiamo sfruttare ancora al la scelta migliore le potenzialità delle tecnologie nella protezione del nostro pianeta. Se riusciremo a garantire e onorare questi obblighi avremo fatto la nostra parte nella costruzione di una società migliore”.
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di Simone Cosimi www.wired.it 2024-11-08 12:08:00 ,