Non solo non è credibile che i tre non si conoscessero, ma è probabile che Lorenzo Nardelli sia stato “attirato, previo appuntamento, in una trappola, e poi brutalmente aggredito e ucciso”. Lo scrive il Gip di Venezia, Alberto Scaramuzza, nell’ordinanza in cui dispone la custodia cautelare in carcere a Santa Maria Maggiore per Marin e Radu Rusu. Sono i due cugini moldavi di 35 e 32 anni accusati di aver brutalmente pestato a mani nude e ucciso “con efferata violenza e crudeltà” Nardelli, 32 anni, nella tarda serata di mercoledì 9 agosto nell’ascensore del condominio Bandiera di via Rampa Cavalcavia 9 a Mestre.
Pestato per 15 minuti
Un pestaggio durato 10-15 minuti, secondo il Gip. Ieri mattina, durante l’interrogatorio per la convalida dell’arresto per omicidio volontario, i due cugini hanno confermato la loro versione dei fatti.
La ricostruzione dei due operai edili è che mercoledì sera stavano cenando nell’appartamento del compagno della madre di Radu, bevendo grappa, quando si sono trovati dentro abitazione Nardelli. Loro hanno pensato che fosse un ladro ed è iniziata una brutale colluttazione, soprattutto tra Radu e Nardelli, che è proseguita dall’appartamento al pianerottolo del terzo piano, e infine dentro l’ascensore dove Nardelli, nel tentativo di fuga, sarebbe stato raggiunto e riempito di botte.
L’esame autoptico
L’autopsia ha rilevato una frattura al cranio dovuta al fatto che Radu avrebbe preso la testa di Nardelli e gliela avrebbe sbattuta contro lo stipite dell’ascensore dentro il quale la polizia, arrivata allarmate dalle telefonate dei vicini, ha trovato i due cugini con il 32enne di Salzano steso a terra, deceduto. I cugini Radu Proseguono a sostenere di aver aggredito Nardelli per difendersi ma è lo stesso giudice delle indagini preliminari a sostenere, nelle sette pagine dell’ordinanza, che la loro ricostruzione “non sta in piedi”.
Le discrepanze nel racconto
A partire da una serie di discrepanze che risultano dagli interrogatori resi, separatamente, dai due cugini. Marin, per esempio, sostiene che, mentre erano bloccati nell’ascensore con Nardelli, qualcuno da fuori li avrebbe minacciati di morte con frasi come “vi ammazzo” e “aspetta che prendo la pistola e vi sparo”. Le frasi sarebbero dei due presunti complici di Nardelli che Marin avrebbe visto scappare per le scale ma di cui non c’è traccia nei filmati delle telecamere esterne di sorveglianza. Senza contare che Radu non ha mai riferito di aver udito le minacce. Anche la loro telefonata ai carabinieri per chiedere aiuto sarebbe stata fatta, dice il giudice, per copertura.
La versione del ladro in abitazione
A rendere poco credibile la versione del tentato furto è anche la circostanza che Nardelli sia arrivato in via Rampa Cavalcavia con la propria auto, un’Opel Astra, fin sotto il condominio, senza arnesi da scasso, e che né al portoncino d’ingresso né sulla porta del pianerottolo ci siano segni di effrazione. Perché, quindi, Lorenzo Nardelli si trovava lì? Le indagini della Squadra mobile, coordinate dal sostituto procuratore Stefano Buccini, stanno cercando di capire se i cugini Rusu e la loro vittima si conoscessero. E per questo sarà fondamentale l’incidente probatorio disposto sui telefonini. “I cugini Rusu sostengono di non aver mai visto prima Nardelli, hanno fornito il pin del loro cellulare e sono sicuri che non emergeranno contatti”, dice Jacopo Trevisan, il loro avvocato.
La trappola
É probabile, scrive il giudice, che Nardelli si sia recato “a abitazione degli indagati che conosceva per un qualche motivo che dovrà essere accertato probabilmente attirato, previo appuntamento, in una trappola, e poi brutalmente aggredito e ucciso”. Lorenzo Nardelli, 32 anni, aveva un passato di dipendenza, soprattutto dall’alcol, alle spalle, ma si stava rimettendo in carreggiata, lavorava come autista, e fino a un mese fa anche come bagnino a Jesolo nei fine settimana e aveva riallacciato i rapporti con i genitori dopo che alcuni anni fa era stato raggiunto da un provvedimento di allontanamento per averli maltrattati. Anche la famiglia, che si è affidata all’avvocato Francesco Livieri, non crede all’ipotesi del tentato furto finito in tragedia. “Lorenzo non era un ladro”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-08-12 18:22:23 ,www.repubblica.it