OpenAI, perché nessuna professionista vuole entrare nel cda

OpenAI, perché nessuna professionista vuole entrare nel cda

OpenAI, perché nessuna professionista vuole entrare nel cda


O’Mara vede il consiglio di amministrazione esclusivamente maschile di OpenAI come il segno di un cambiamento culturale. Proprio nel momento in cui alcune aziende tech della Silicon Valley si impegnano a correggere i loro pessimi risultati in termini di diversità e a considerare la loro impronta ambientale, altre si stanno ribellando alla cosidetta “ideologia woke” in varie forme, sposando invece le convinzioni più rigide in materia di cultura del lavoro.

Stando alle indiscrezioni, OpenAI ha in programma di allargare presto il suo consiglio di amministrazione, e le speculazioni su chi ne farà parte si moltiplicano. Il fatto che il board sia interamente composto da uomini bianchi non è certo passato inosservato e la società sta già valutando candidati che potrebbero placare alcuni critici. Secondo Bloomberg, la filantropa Laurene Powell Jobs, l’ex ad di Yahoo Marissa Mayer e l’ex Segretario di stato americano Condoleezza Rice sarebbero state tutte prese in considerazione (ma non selezionate) per il cda. Al momento della pubblicazione di questo articolo, OpenAI non ha risposto alle ripetute richieste di commento da parte di Wired US.

Per molti osservatori, è fondamentale scegliere una persona che sostenga la necessità di bilanciare l’ambizione con la sicurezza e la responsabilità: un profilo che potrebbe corrispondere a quello di Toner, per esempio. “Il tipo di persone che il consiglio di amministrazione dovrebbe riportare sono quelle che pensano a una tecnologia responsabile o affidabile e alla sicurezza – spiega Kay Firth-Butterfield, direttrice esecutiva del Centre for trustworthy technology –. Ci sono molte donne esperte in questo particolare campo“.

Nella ricerca di nuovi membri per il suo consiglio di amministrazione, OpenAI potrebbe incontrare resistenze da parte di potenziali candidati che guardano con diffidenza alle dinamiche di potere all’interno dell’azienda. “Ho la sensazione che la persona che entrerà a far parte del consiglio di amministrazione sarà in una situazione terribile, perché si troverà costantemente di fronte a una strada in salita – dice Gebru –. Verrà usata come pedina e non sarà in grado di fare davvero la differenza“.

La ricercatrice ex Google non è l’unica figura nel mondo dell’etica dell’AI ad avere il sospetto che i nuovi membri del board potrebbero venire emarginati: “Non toccherei quel consiglio nemmeno con un palo di tre metri“, dice Luccioni, che aggiunge che consiglierebbe mai a un’amica di accettare una posizione del genere.

Meredith Whittaker, presidente della fondazione che gestisce l’app di messaggistica Signal, riconosce che portare nel cda di OpenAI persone diverse dai soliti fondatori di startup sarebbe utile, ma dubita che basti aggiungere una donna o una persona di per operare un cambiamento significativo. A meno che il consiglio allargato non sia in grado di sfidare realmente Altman e i suoi sodali, riempirlo di persone che spuntano delle caselle demografiche per soddisfare gli appelli alla diversità potrebbe equivalere a poco più di un’operazione di facciata.

Non risolveremo il problema – ovvero che attualmente l’intelligenza artificiale è nelle mani di un capitale concentrato – semplicemente con più diversity nelle assunzioni“, commenta Whittaker. “Mi preoccupa un dibattito che si concentra sulla diversità e poi mette le persona in stanza con Larry Summers senza dar loro molto potere“, continua la presidente della Signal Foundation.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.



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di Kate Knibbs, Lauren Goode, Khari Johnson www.wired.it 2023-11-29 17:00:00 ,

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