Uomo-donna, maschio-femmina, etero o omosessuale. Le categorie usate per definire identità di
genere e orientamento sessuale nei secoli sono state legate a una dualità escludente che, con l’obiettivo di
schematizzare, ha lasciato però indietro sfumature e strutture relazionali “altre”. La narrazione portata avanti
dalla “maggioranza” rivendicante una “normalità” dei rapporti ha però fatto il suo tempo e trainati da una
necessità, le nuove generazioni stanno rivoluzionando categorie e smantellando pregiudizi socialmente radicati.
L’identità, i generi, gli orientamenti: tutto è stato messo in dubbio affinché sempre più persone possano sentirsi
rappresentate e partecipi di una società che, a differenza del passato, le riconosce. Un cambiamento di
sensibilità che per essere davvero compreso necessita di alcuni punti di riferimento.
Partendo dalle basi, che cos’è il genere e cosa il sesso? “Per sesso – spiega Vittorio
Lingiardi, psichiatra e psicoanalista professore ordinario di Psicologia dinamica alla Sapienza Università di Roma
– intendiamo la dimensione biologica e anatomica dell’individuo (femmina, maschio oppure, in rari casi,
intersessuale), mentre con i termini genere e identità di genere facciamo riferimento alla varietà di
caratteristiche e di atteggiamenti che culturalmente attribuiamo al sesso biologico”.
A questi concetti poi si aggiunge l’espressione di genere. “L’espressione di genere – continua
Lingiardi – comprende diversi aspetti (per esempio, scelta dell’abbigliamento, taglio dei capelli, postura e modo
di camminare), ed è in stretto rapporto con i ruoli di genere di una determinata cultura o società. In sostanza:
il sesso costituisce una matrice biologica, il genere rappresenta una costruzione psicosociale. Come è noto,
esiste la possibilità di una discrepanza tra queste due sfere, tra come si presenta il corpo e come si fa
esperienza della propria identità”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-05-16 23:00:00 ,www.repubblica.it