di Chiara Dilucente
Sono passati poco meno anni da quando i nostri telescopi hanno individuato Oumuamua, il primo asteroide interstellare a fare visita al Sistema solare. Da allora, il corpo celeste è al centro di un singolare dibattito scientifico, perché secondo alcuni, tra cui Avi Loeb, astrofisico a capo del Dipartimento di astronomia dell’Università di Harvard, presenta troppe stranezze per essere considerato un oggetto naturale, ma invece il frutto di tecnologia aliena.
Bizzarre ipotesi a parte, Oumuama è sfrecciato attraverso i nostri cieli ed è scomparso dalla visuale dei telescopi: qualsiasi fossero i dubbi al riguardo, è troppo tardi per indagare la sua natura. Non secondo Adam Hibberd: per l’ingegnere della società no-profit britannica Initiative for interstellar studies e i suoi colleghi, infatti, sarebbe possibile, con una missione spaziale, raggiungere Oumuamua in 26 anni, attraverso una complessa manovra attorno a Giove. Lo scopo? A detta di Hibberd, che ha pubblicato un documento di ricerca sulla piattaforma pre-print Air-xiv, quello di ottenere un’immagine ravvicinata dell’asteroide, per svelarne, finalmente, i segreti.
La storia di Oumuamua
Un messaggero che arriva, per primo, da lontano: è questo il significato, in hawaiano, del nome Oumuamua, attribuito al misterioso oggetto spaziale scoperto il 19 ottobre 2017 dal telescopio Pan-starss1 dell’Università delle Hawaii, che opera all’interno del programma della Nasa che scopre e monitora asteroidi e comete nelle vicinanze della Terra. Inizialmente identificato come una cometa, poi come asteroide, si tratta del primo corpo spaziale a essere scoperto e identificato come oggetto interstellare (e cioè che non appartiene al nostro Sistema solare ma che deriva da un’altra stella) suscitando interesse e speculazioni all’interno della comunità scientifica, soprattutto sulle sue origini.
Secondo le osservazioni dei telescopi, Oumuamua viaggia alla vertiginosa velocità di 87,3 chilometri al secondo, è roccioso e con una curiosa forma allungata, simile a un sigaro: infatti sarebbe lungo 400 metri, e di circa 10 volte più lungo che largo. Una forma del genere non si è mai vista prima, nel nostro Sistema solare. Le stranezze di Oumuamua non sono finite qui: la sua superficie riflette la luce in maniera nettamente maggiore rispetto alle comete e agli asteroidi a cui siamo abituati, e il corpo celeste presenta una piccola accelerazione che sembrerebbe inspiegabile.
Su Wired vi abbiamo raccontato le ipotesi che si sono susseguite sulle origini di Oumuamua: secondo alcuni si tratta di un aggregato frattale di polvere, per altri un iceberg costituito da idrogeno o da azoto, per altri ancora un frammento di un pianeta appartenente a un altro sistema stellare, ma comunque un oggetto naturale.
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www.wired.it
2022-02-13 06:00:00