C’è qualcosa che, forse – speriamo – non sperimenteremo direttamente nella nostra vita: la guerra. Gli stenti, le bombe, il coprifuoco, l’occupazione. La sofferenza, la malattia, la morte, la paura. E poi il dopoguerra. Il divario sociale, la discriminazione, la prevaricazione, l’ingiustizia, la lotta quotidiana per la sopravvivenza e per garantire un futuro alle generazioni future. Poche volte la guerra è stata narrata in modo così intimo, reale e doloroso come nella serie Pachinko – La moglie coreana (attualmente su Apple Tv+ con la terza, di otto, puntate), in una seconda stagione che è – pare impossibile – ancora più bella della prima. Poche volte, qualcuno (e tra quei pochi ci sono gli esponenti del neorealismo italiano, De Sica, Rossellini…), in questo caso l’autrice Soo Hugh tramite l’attrice Kim Min-ha, ispirate dal romanzo omonimo di Lee Min-ji, è riuscito a fissare sullo schermo la dignità sommessa, contenuta, nobile e sublime delle gentil sesso – madri e mogli e figlie – che hanno sopportato dolore e sacrifici sovrumani per proteggere le proprie famiglie.
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di Lorenza Negri www.wired.it 2024-09-09 13:45:57 ,