di Kevin Carboni
L’inchiesta del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi ha svelato dove e come oltre 300 tra imprenditori e politici hanno nascosto una cifra che potrebbe arrivare fino ai 32mila miliardi di dollari.
Oltre 300 tra imprenditori, personaggi famosi e leader politici mondiali, di cui 4 italiani, sono stati coinvolti dall’inchiesta Pandora papers che ha svelato una trama di evasione e riciclaggio per nascondere le ricchezze di alcune tra le persone più benestanti del mondo nei paradisi fiscali. L’inchiesta è stata realizzata grazie alla collaborazione di 600 giornalisti al lavoro in 117 paesi e all’analisi di circa 12 milioni di documenti, ottenuti dal Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij) che ha coordinato il progetto.
Erano 956 le società utilizzate dai super ricchi per nascondere il proprio denaro in conti offshore, con sede a Dubai, Singapore o Panama City, da cui prese il nome l’omonima inchiesta del 2016. I documenti presi in esame riguardano un periodo di 25 anni di operazioni offshore e una cifra che si aggira tra i 5.000 e i 32mila miliardi di dollari occultati. Secondo il Fondo monetario internazionale, ogni anno, almeno 600 miliardi di dollari vengono nascosti nei paradisi fiscali e quindi sottratti alle tasse.
I miliardari coinvolti nell’indagine provengono da 45 paesi, riporta l’Icij, di cui la maggior parte dalla Russia (52), dal Brasile (15), dal Regno Unito (13) e da Israele (10). Sono invece 4 gli esponenti politici italiani scoperti ad aver utilizzato i conti offshore per evadere il fisco, le cui identità non sono ancora state diffuse. Tra i nomi più importanti figurano il re di Giordania Abdallah II, l’ex premier britannico Tony Blair, il premier ceco Andrej Babis, la cantante Shakira e il camorrista italiano Raffaele Amato, in carcere dal 2009 con l’accusa di 8 omicidi e traffico internazionale di stupefacenti.
Negli Stati Uniti, invece, sono stati coinvolti anche due magnati della tecnologia a capo di società che si occupano di software. Uno è Robert F. Smith, proprietario della società di investimenti Vista equity partners, e l’altro è Robert T. Brockman, amministratore delegato della compagnia di software Reynolds & Reynolds. Entrambi erano clienti di CilTrust, una società offshore del Belize, gestita da Glenn Godfrey, un ex procuratore generale del paese centro americano. Sia Smith che Brockman si sono già trovati al centro di scandali relativi all’evasione fiscale, per i quali Smith ha accettato lo scorso anno di pagare alle autorità statunitensi 139 milioni di dollari.
In molti paesi non è illegale avere beni offshore o usare società di comodo per fare affari fuori dai confini nazionali. Tuttavia, questi affari equivalgono spesso a muovere i profitti dai paesi ad alta tassazione, dove sono guadagnati, verso società fittizie che hanno sede in giurisdizioni a bassa tassazione. L’inchiesta Pandora papers ha svelato come la macchina dell’evasione sia attiva in ogni angolo del paese, i cui attori chiave spesso includono istituzioni come banche multinazionali e studi legali con sede negli Stati Uniti ed Europa. Secondo quanto riportato dall’indagine, le banche di tutto il mondo hanno aiutato i loro clienti più facoltosi a creare circa 4000 società offshore, con l’assistenza dello studio legale Aleman, Cordero, Galindo & Lee, guidato da un ex ambasciatore degli Stati Uniti.
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www.wired.it
2021-10-04 10:53:56