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Data : 2024-11-15 16:06:00
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Legge Calderoli costituzionale – Legge Calderoli incostituzionale. E’ il ping pong semplificato fra centrodestra e centrosinistra seguito alla nota dell’ufficio libertà di stampa della Corte costituzionale che anticipa la complessa ed articolata sentenza sull’Autonomia differenziata, non ancora depositata. Mentre si riapre anche il capitolo referendum il cui destino “seppure i quesiti fossero ammessi dopo il deposito della sentenza della Corte” è legato a doppia mandata al fatto che “la massa potrebbe prima del voto arrivare a una nuova legge ridefinita secondo le indicazioni della Corte che farebbe venire meno il referendum seppur ammesso dalla Consulta”.
Una nuova legge sull’Autonomia differenziata in cui, come spiega all’Adnkronos il presidente emerito della Corte Cesare Mirabelli, i giudici costituzionali affermano che “l’incremento di autonomie regionali, può essere costituzionalmente corretto” ma “rimettono in equilibrio il rapporto fra autonomie e unità dell’ordinamento e riconoscono che le autonomie non possono contrastare con un
principio di solidarietà ed eguaglianza”, spezzando così una lancia in favore delle regioni del Mezzogiorno perché la “ripartizione delle risorse secondo la Consulta non si può basare sul ‘piede storico’”;
chiedono sia d’ora in poi attore “il Parlamento a cui la legge Calderoli aveva serrato i bulloni”, che la Corte dischiude nella sentenza stabilendo che “la legge che materia la devoluzione approvata dal governo per dare luogo alle intese è emendabile”; che “è il Parlamento che per singoli diritti e prestazioni stabilisce quale è il livello essenziale di prestazione (Lep)”, riguardo a cui
“non possono essere delegate intere materie ma possono solo essere distribuite funzioni
invocando la sussidiarietà”.
Infatti “Musumeci
aveva ragione a non voler concedere alle Regioni la delega sulla Protezione civile”. “Ed attenzione alle etichette” – ammonisce Mirabelli – “Attraverso l’attribuzione alle regioni di macrofunzioni in sostanza si delegano materie…”.
Cosa si evince dal contenuto anticipato della sentenza? “La cornice e i limiti nei quali l’autonomia differenziata, o la parte migliore l’incremento di autonomie regionali, può essere costituzionalmente corretto. La Corte è intervenuta su alcun punti importanti attraverso alcuni strumenti: i principi da rispettare, i vizi di costituzionalità di alcune norme, una correzione interpretativa del meccanismo della legge. Altro punto di straordinaria rilevanza – rileva Mirabelli – è il riassetto dei rapporti fra Governo e Parlamento, questione che tocca da una parte il corretto vincolo tra le due istituzioni e dall’altra alcune garanzie generali anche per i cittadini”.
Cosa dice la Corte sui principi? “La Corte rimette in equilibrio il rapporto fra autonomie e unità dell’ordinamento e riconosce che le autonomie non possono contrastare con un
principio di solidarietà
ed eguaglianza
e quindi con un rapporto equilibrato di distribuzione delle risorse alle regioni – risponde il costituzionalista – Su questo punto è interessante che la ripartizione delle risorse secondo la Consulta non si può basare sul ‘piede storico’. Va piuttosto definito un equilibrato principio di distribuzione delle risorse”. La Corte spezza quindi una lancia in favore delle regioni del Mezzogiorno? “Sì – risponde il costituzionalista – puntando a guardare ai bisogni reali perché la precedente distribuzione ha perpetuato squilibri. E’ un nodo importante per il Mezzogiorno che risponde a un principio di solidarietà fra le regioni ed è garanzia di unità per un verso e di eguaglianza fra i cittadini per l’altro”.
Inoltre, fra i principi di riferimento i giudici costituzionali rivendicano anche la necessità che le singole regioni siano giustificate singolarmente “rispetto a caratteristiche di specialità al fine di soddisfare più efficacemente i bisogni in base a un principio di efficienza ed economicità che va valutato”. “Indicano inoltre la sussidiarietà, che significa che determinate funzioni possono essere attribuite ai diversi livelli di governo più idonei a soddisfare in modo efficace determinati bisogni. Attenzione – ammonisce Mirabelli – la sussidiarietà opera sia verso il basso sia verso l’alto, quando c’è una esigenza che è di carattere nazionale”.
“L’esempio lo abbiamo vissuto con il covid, in cui lo Stato ha recuperato delle funzioni che altrimenti sarebbero state regionali perché la dimensione dei problemi era eccedente rispetto alla gestione locale”. “Il tema in discussione sulla Protezione civile, ad esempio, non consente una devoluzione territoriale totale di funzioni perché ci sono dimensioni che sono nazionali o richiedono un intervento statale. Mi pare difficile che possa essere devoluto un disastro di carattere nazionale, anche se per dimensioni territorialmente circoscritto o per estensione”. Il ministro Musumeci quindi aveva ragione a non voler concedere alle Regioni la delega sulla Protezione civile? “Sì, aveva ragione”, risponde il presidente emerito della Corte.
“Il punto più importante è che non può essere stravolto l’assetto stabilito all’articolo 117 della Costituzione” sulle materie potestà legislativa dello Stato e quelle di competenza regionale oltre a quelle di legislazione concorrente (rapporti internazionali e con l’Ue delle regioni). “La Corte chiarisce che non possono essere delegate intere materie ma possono solo essere distribuite funzioni. Quindi è molto circoscritto l’ambito in cui si può operare”, rimarca Mirabelli. Il ministro Calderoli dice di essere d’accordo e che se ne terrà conto in legge attuativa. “Attenzione alle etichette! Attraverso l’attribuzione alle regioni di macrofunzioni in sostanza si delegano materie, funzioni che assorbono la materia – ammonisce il costituzionalista – La legge attuativa deve essere ricalibrata in rapporto alle indicazioni della Corte. E sarà molto interessante leggere la motivazione della sentenza a cui la legge deve rispondere. Ma Calderoli è parlamentare di lungo corso e ritengo si muova nello spirito di una democrazia parlamentare, vale a dire di valorizzazione del Parlamento”.
E’ proprio ai rapporti fra Governo e Parlamento che guarda con riguardo la Corte nella sentenza. “Spetta al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge”, si legge infatti nella nota della Consulta. “La legge Calderoli aveva serrato i bulloni al Parlamento, la
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orte ha stabilito invece che la legge che materia la devoluzione approvata dal governo per dare luogo alle intese è emendabile. Il parlamento riacquista quindi un potere che gli è proprio diventando co-protagonista. In caso di emendamento parlamentare il governo sarà infatti tenuto a rinegoziare con le regioni mentre prima l’accordo con le stesse era considerata non emendabile dal Governo. Questo punto è importantissimo – sottolinea – E’ il parlamento che adesso ha gli strumenti per intervenire disciplinando la materia. La Corte lo esorta a svolgere appieno le sue funzioni nella analisi di una proposta legislativa governativa o più propriamente su iniziative legislative parlamentari, o ancora la parte migliore di diversi gruppi parlamentari”.
Sui lep, livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la Corte costituzionale afferma che ‘devono essere disciplinati dal Parlamento, il quale non può delegare al governo perché la delega legislativa, priva di idonei criteri direttivi, limita il ruolo del Parlamento’. Ma, obietta Calderoli, i principi direttivi non sono già contenuti nella legge di Bilancio che nessuno ha mai contestato? “C’è differenza tra indicare i principi e criteri direttivi e disciplinare la materia – replica il presidente emerito della Corte – I principi e criteri direttivi sono così eterei da consentire il potere al governo di muoversi come vuole, invece attribuendo questo potere al Parlamento è il Parlamento che per singoli diritti e prestazioni stabilisce quale è il livello. Quindi cambia profondamente la dimensione dell’esercizio del potere parlamentare. E’ una cosa diversa stabilire i principi e il contenuto totale della legge. Stabilire i principi significa dire: fai tu secondo questi criteri. Altra cosa invece è dire: li detto io parlamento quelli che sono i livelli. Cambia la prospettiva: i principi possono essere quelli, ma all’interno di questi principi – conclude – sarà il Parlamento a stabilire il contenuto che riempirà la cornice dei principi”. (di Roberta Lanzara)
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Il post dal titolo: “Parlamento decide Lep e può emendare intese con regioni” scitto da [email protected] (Web Info) il 2024-11-15 16:06:00 , è apparso sul quotidiano online Adnkronos – Politica dove ogni giorno puoi trovare le ultime notizie dell’area geografica relativa a Politica