Parte la preselezione per gli insegnanti di sostegno: “Pochi posti e troppi precari. E chi soffre sono solo le famiglie”

Parte la preselezione per gli insegnanti di sostegno: “Pochi posti e troppi precari. E chi soffre sono solo le famiglie”

Parte la preselezione per gli insegnanti di sostegno: “Pochi posti e troppi precari. E chi soffre sono solo le famiglie”



Parte la corsa alla specializzazione per il sostegno. Ma secondo i sindacati cambierà poco a settembre per le migliaia di alunni in situazione di handicap e per le loro famiglie, in attesa di un docente specializzato. Nonostante i 29mila ai nastri di partenza, soprattutto al Nord il fabbisogno di docenti esperti è di gran lunga superiore all’offerta universitaria. Mentre al Sud gli atenei ne approfittano per incassare cifre che contribuiscono a fare quadrare i bilanci.

Da oggi al 7 luglio, le 50 università che organizzeranno i corsi per il rilascio della specializzazione per l’insegnamento su sostegno avvieranno i test di preselezione o direttamente le prove scritte per scremare il numero degli aspiranti docenti di sostegno che hanno presentato domanda. Con un decreto dello scorso 30 maggio a firma della ministra dell’Università e della ricerca Anna Maria Bernini, è partito l’ottavo ciclo di Tfa per il sostegno: il Tirocinio formativo attivo che, attraverso una formazione universitaria ad hoc, laurea i docenti con le competenze giuste per affiancare gli alunni H in classe e per supportare anche tutti gli altri.

Il calendario e le prove

Il 4 luglio sono chiamati ad affrontare il quizzone di 60 domande a risposta multipla gli aspiranti docenti di sostegno all’infanzia. Domani, con le stesse modalità, sarà la volta di coloro che vorranno insegnare alla primaria. E il 6 e 7 luglio si cimenteranno i futuri professori di sostegno della media e del superiore. Il bando prevede che il test si svolgerà soltanto se le domande pervenute sono state superiori al doppio dei posti messi in palio da ogni singolo ateneo per il segmento scolastico in questione: Infanzia, primaria, primo grado e secondo grado. In caso contrario tutti i candidati accedono direttamente alla prova scritta. Cui seguirà una prova orale e la valutazione finale per stabilire chi avrà accesso al corso di formazione, della durata non inferiore a otto mesi, per acquisire i 60 Cfu (i crediti formativi universitari) che formeranno i futuri docenti di sostegno della scuola italiana. Il test di ammissione durerà due ore e almeno 20 dei 60 quesiti serviranno a verificare le competenze linguistiche e la comprensione dei testi in lingua italiana.

Il business della formazione

Superate tutte le prove, gli aspiranti maestri e prof di sostegno dovranno sborsare cifre variabili per immatricolarsi, per un solo anno, all’università variabili tra i 2mila e 500 euro delle università toscane e i 4mila e 100 euro dell’università Suor Orsola Benincasa di Napoli. A conti fatti, tra immatricolazione e tassa richiesta per sostenere le prove d’ingresso (tra 100 e 150 euro) gli atenei italiani incasseranno oltre 113 milioni di euro. Gli atenei delle regioni settentrionali non sembrano molto interessati all’organizzazione dei percorsi e metteranno in palio soltanto 4.175 posti su oltre 29mila: il 14% del totale. E incasseranno 18 milioni e mezzo. Agli atenei meridionali, che specializzeranno quasi 16mila nuovi docenti di sostegno, andranno invece quasi 61 milioni di euro.

Il fabbisogno delle scuole

Nel 2012/2013, gli alunni disabili che frequentavano le scuole statali erano poco più di 205 mila e i relativi docenti di sostegno erano circa 101 mila. Nell’anno scolastico appena terminato, il ministero dell’Istruzione ha censito poco più di 290 mila alunni H che hanno visto impegnati oltre 220 mila docenti di sostegno di cui 103 mila in deroga alla normativa vigente. In altre parole, in un decennio gli alunni diversamente abili sono cresciuti del 41% mentre i docenti di sostegno, grazie agli interventi del Tar che ha condannato il ministero anche a risarcire il danno subito dalle famiglie, sono più che raddoppiati. Un fabbisogno che le università non sono riuscite a soddisfare e oggi una parte, che i sindacati stimano attorno ad un terzo del totale, dei docenti in servizio, di ruolo e supplenti, lavora senza titolo di specializzazione. Basteranno i 29 mila specializzati in più che potranno prendere servizio dal 2024/2025? No, secondo i sindacati. Secondo Giuseppe D’Aprile, a capo della Uil scuola, le nuove specializzazioni sono un numero “assolutamente insufficiente”.

“Aumenta il numero di alunni con disabilità che frequentano le scuole italiane”, spiega, “ma quasi il 40% dei docenti non possiede una formazione specifica”. Per il sindacato occorre “abolire il numero chiuso dai percorsi universitari che specializzano sul sostegno per non costringere i docenti a recarsi all’estero” e occorre anche “trasformare i posti in organico di fatto in posti in organico di diritto”.

Anche per Rino Di Meglio, della Gilda, ha fatto due conti sul sostegno. “Soprattutto al Nord”, sostiene, “i posti messi a disposizione dalle università sono del tutto insufficienti”.

A fronte di 18mila e 500 posti vacanti nell’organico stabile infatti, le università specializzeranno appena 4.175 nuovi docenti. Su il territorio nazionale, i posti vacanti superano le 26 mila e 500 unità. Questo significa che i titolari sono circa 100 mila. E se anche per il prossimo anno verrà confermato lo stesso numero di posti in deroga, 103 mila, dell’anno appena concluso, i precari potrebbero avvicinarsi alle 130 mila unità. Con numeri drammatici al nord.



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[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2023-07-04 12:35:16 ,www.repubblica.it

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