di Lorenza Negri
La quarta stagione era iniziata cn una diaspora: dopo che tutti gli Shelby – Arthur, John, Michael e Polly – meno Tommy erano arrivati a un passo dall’esecuzione a causa delle sue macchinazioni, ognuno aveva preso la sua strada ignaro che la mafia italiana meditasse di sterminarli. Uno a uno, il giorno di natale. Il minore degli Shelby, Uno dei fratelli Shelby muore nell’imboscata sotto una acquazzone di proiettili, Michael è in fin di vita, e il secondo episodio si apre con la rabbia di Polly, fuori di sé e il dolore di Esme, rimasta vedova. La visita di Arthur e Tommy alla morgue è straziante, ma questo episodio va ricordato per il potere delle parole. Poche serie hanno vantano come Peaky Blinders dialoghi, monologhi e battute tanto penetranti e con quelle parole, facendo leva sul lutto, che Tommy aggrega la famiglia per vendicarsi di Changretta & Co.
6 – Stagione 5, Episodio 4
La stagione della politica, quella con Tommy alle prese con una carriera che lo costringe a dare il massimo della sua intelligenza, della sua scaltrezza della sua pazienza. Tommy è uno stratega, è un gangster, è un uomo divorato dalla rabbia, dal senso di colpa e dai demoni che gli ricordano che il suo limite è che non ha limiti. Il nazista Oswald Mosley, astro nascente della politica, lo descrive, in un confronto memorabile, come “il perfetto equilibrio tra Dioniso e Apollo: impeto irrazionale controllato dalla ragione e dall’autoriflessione”. Il focus sulla natura di Tommy non si ferma qui, la puntata lo mostra anche in preda alle allucinazioni – di nuovo, la moglie morta – e corroso dagli intenti suicidi culminati nel finale di stagione, quando il grilletto di quel revolver puntato alla testa lo preme davvero.
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2022-06-10 10:30:00