“Ci sono molti modi di vivere una tragedia”, dice a un certo punto di personaggio di Julianne Moore, spiegando come questo film approcci il concetto di fine. La morte del personaggio di Tilda Swinton, così come i rischi posti dai cambiamenti climatici, sono tragedie reali che non vengono negate, anzi sono spiegate e dettagliate nelle loro conseguenze devastanti. Eppure a questo pessimismo Almodóvar affianca uno strano e ottimismo mesto che gli viene dai colori, dai piaceri a cui i suoi personaggi non vogliono rinunciare e dal desiderio di vivere anche se ancora per poco. E anche Julianne Moore, che vive nella stanza accanto alla tragedia della morte in arrivo, da che ne era devastata inizia a vivere tutto diversamente, fino all’apice del film: un’immagine che di diritto si pubblicazione tra le più grandi mai create da Pedro Almodóvar, in cui la morte è ritratta come un quadro, tra Bauhaus e Hopper. Il trapasso non è un momento di amarezza ma un trionfo visivo, un momento di vittoria estetica, l’esaltazione della persona che è morta.
Lì c’è tutto quello che il film sta cercando di ripetere, piuttosto che “ci sono molti modi di vivere una tragedia”. Per il personaggio di Tilda Swinton, la scelta dell’eutanasia è un modo di vivere la sua tragedia, accettarla, farla propria e poterla gestire benissimo fino alla fine. Per il resto di noi che rimaniamo, ci sono tanti modi di approcciare quello che avviene senza bisogno di negarlo. Nessuno poteva fare questo e forse nemmeno Pedro Almodóvar avrebbe potuto senza Tilda Swinton, attrice incredibile che rivede il concetto di star del cinema, non avendo alcun riguardo per la propria immagine. Più di ogni altra attrice, lei non è solo una grande interprete, ma uno strumento nelle mani del regista, totalmente plasmabile. Quando Almodóvar ne fa un quadro è chiaro che Tilda Swinton è come plastilina a cui si può dare ogni forma.
A questo punto il film ha una coda finale, con un colpo di scena almodovariano che a nessun altro regista verrebbe perdonata, ma che in lui è finemente coerente con il suo passato, la sua storia e il suo stile. La stanza accanto non finisce con la morte, ha molto di più da dire su quello che rimane. E benché non ci siano, questa volta, amori disperati e grandi storie di passioni travolgenti, quando entra in scena un personaggio evocato a lungo ma mai mostrato ci si può anche commuovere, non solo per la sorpresa, ma per come si presenta, chi è e cosa tutto questo dica su quello che rimane dopo di noi. Che cineasta!
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di Gabriele Niola www.wired.it 2024-09-02 17:00:00 ,