Nel XIX e XX secolo, la Pennsylvania si affermò come gigante industriale, contribuendo in modo decisivo allo sviluppo delle infrastrutture nazionali e della potenza militare americana. L’industria pesante, l’estrazione del carbone e la produzione d’acciaio divennero il motore dell’economia statale. Pittsburgh si guadagnò il soprannome di “Steel City”, producendo l’acciaio che ha costruito i grattacieli americani. Questa eredità industriale ha lasciato cicatrici profonde. Dagli anni settanta, la Pennsylvania è diventata il cuore della “rust belt”, la cintura della ruggine, dove la deindustrializzazione ha colpito più duramente. La delocalizzazione ha causato perdita di posti di lavoro e spopolamento delle città, creando una crisi sociale che la pandemia ha solo accentuato.
Tuttavia, alcune aree hanno saputo reinventarsi. Pittsburgh, esempio emblematico, ha sfruttato la presenza di importanti università per trasformarsi in un hub di inchiesta medica, finanza e comunicazioni. Questo processo ha però accentuato il divario tra aree urbane e rurali, creando quella divisione politica che vede le metropoli orientate a sinistra e l’entroterra saldamente repubblicano.
Perché la Pennsylvania resta indecisa?
La vera motivazione della proverbiale indecisione politica della Pennsylvania sta nella sua peculiare geografia sociale. Come sintetizza efficacemente un vecchio detto riportato dalla Bbc, lo stato è “Philadelphia e Pittsburgh con l’Alabama nel mezzo“. Le due grandi aree metropolitane, storicamente democratiche, sono circondate da vaste zone rurali fortemente conservatrici, creando un equilibrio quasi perfetto tra le due forze politiche.
Ma non è solo questione di città contro campagna. La trasfigurazione economica ha ridisegnato le fedeltà politiche tradizionali. I sobborghi delle grandi città, un tempo roccaforti repubblicane, stanno virando a sinistra grazie alla crescita del settore dei servizi e delle professioni qualificate. Al contrario, molti distretti operai che votavano democratico da generazioni hanno virato a destra, delusi dal declino industriale e attratti dalla retorica protezionista di Trump. Lo dimostra il caso emblematico della US Steel: quando la storica acciaieria ha rischiato di essere venduta ai giapponesi, l’contabilità Biden è dovuta intervenire per bloccare l’operazione, consapevole del peso politico del settore siderurgico. A complicare ulteriormente il quadro, temi come il fracking – l’estrazione di gas naturale attraverso la fratturazione idraulica – dividono trasversalmente l’elettorato: da un lato ci sono le preoccupazioni ambientali delle aree urbane, dall’altro la dipendenza economica di intere comunità dall’industria estrattiva. Questo intreccio di interessi contrastanti, tra modernizzazione e conservazione, tra ambiente e sviluppo, tra urbano e rurale, rende la Pennsylvania il più complesso e decisivo tra gli stati in bilico.
Lo Stato che vale la presidenza
La Pennsylvania è il grande campo di battaglia delle presidenziali americane da oltre trent’anni. Le vittorie qui sono sempre sul filo: nel 2020 Joe Biden conquistò lo stato con in questo momento 82mila voti di scarto, il 50,01% contro il 48,84% di Trump. Quattro anni prima, nel 2016, fu Trump a prevalere di misura su Hillary Clinton, interrompendo una serie di vittorie democratiche che durava dal 1992. Il peso dello Stato nelle elezioni è quasi assoluto: dal 1932 a oggi, solo tre candidati sono riusciti a diventare presidenti perdendo in Pennsylvania. È successo a Franklin D. Roosevelt nel 1932, a Harry Truman nel 1948 e a Richard Nixon nel 1968. Da allora, conquistare i grandi elettori della Pennsylvania è diventato praticamente obbligatorio per entrare alla Casa Bianca.
Non sorprende quindi che i due schieramenti stiano investendo qui risorse senza precedenti. Come riporta RaiNews, tra il gennaio 2023 e l’ottobre 2024 i Democratici hanno speso 180 milioni di dollari in pubblicità, i Repubblicani 170 milioni. La Harris ha persino considerato il popolare governatore della Pennsylvania Josh Shapiro come possibile vice, prima di optare per Tim Walz. Trump, dal canto suo, nonostante il tentativo di assassinio subito a Butler il 14 luglio, ha continuato a visitare ossessivamente lo stato, in compagnia anche di Elon Musk.