E’ stata respinta dal gip di Milano Fabrizio Filice anche la seconda istanza, presentata dalla difesa di Alessia Pifferi, arrestata a fine luglio per omicidio volontario aggravato per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di un anno e mezzo, abbandonandola da sola in abitazione per sei giorni, con la quale i legali chiedevano di poter far entrare in carcere uno dei docenti da loro scelti per redigere una consulenza neuroscientifica. Una precedente e simile richiesta era stata già rigettata dal giudice ad agosto. Anche alla seconda istanza, discussa in udienza il 28 settembre, si erano opposti i pm Francesco De Tommasi e Rosaria Stagnaro, titolari dell’inchiesta condotta dalla Squadra mobile.
Alessia Pifferi, per la prima volta in tribunale a Milano la madre della piccola Diana
Alessia Pifferi “anche dopo l’ingresso in carcere, come attestano le relazioni del Servizio di psichiatria interna” di San Vittore “si è sempre dimostrata consapevole, orientata e adeguata, nonché in grado di iniziare un percorso, nei colloqui psicologici periodici di monitoraggio, di narrazione ed elaborazione del proprio vissuto affettivo ed emotivo”, scrive il gip nel provvedimento con cui ha respinto la seconda istanza della difesa che chiedeva di far accedere esperti in carcere per una consulenza neuroscientifica. Il giudice fornisce questi elementi nella parte in cui spiega che la stessa difesa non voleva effettuare un’analisi sulla capacità o meno di intendere e di volere della donna. Una “prospettiva” che “allo stato non si aggancerebbe ad alcun elemento fattuale”, anche perché Pifferi non ha alcuna “storia di disagio psichico” nel suo passato.
Il gip nel respingere la richiesta, avanzata dagli avvocati Luca D’Auria e Solange Marchignoli con ampie memorie a supporto, ha valutato che la difesa non possa introdurre nel procedimento, senza il contradditorio tra le parti (ossia fuori da una perizia), una consulenza basata su analisi neuroscientifiche. I difensori puntavano su un particolare accertamento “neuroscientifico-cognitivo” per “cercare di sondare il funzionamento strettamente cognitivo dell’indagata”. E con la “espressa finalità”, scrive il gip, da parte della difesa di “incidere sul processo interpretativo del giudice”, che dovrà valutare nel procedimento l’eventuale dolo dell’azione commessa. Il giudice chiarisce che ci sono “suggestive adesioni in campo accademico” sul fronte dell’utilizzo delle neuroscienze, ma non si può permettere che una consulenza di questo tipo entri nel processo senza contradditorio. Il gip, comunque, afferma che in teoria non si può escludere “una possibile utilità della prova neuroscientifica come supporto al processo decisionale del giudice”, ma dovrà essere semmai proprio il giudice a disporre una perizia sul punto, se la riterrà necessaria.
Caso Pifferi, gli avvocati della donna in carcere: “La giustizia nega il diritto alla difesa”
“La difesa di Alessia Pifferi non può arrendersi di fronte all’ennesimo diniego alla richiesta finalizzata a capire cosa sia successo nel cervello della propria assistita. È troppo facile chiudere la partita bollando Alessia come un mostro bruciandola sul rogo mediatico”. E’ il commento degli avvocati Solange Marchignoli e Luca D’Auria. “La giustizia nega il diritto di difendersi provando – hanno aggiunto i legali -. Come se le neuroscienze fossero qualcosa che può entrare nel processo solo per valutare l’infermità mentale, quando invece studiano i percorsi cognitivi e l’intenzionalità di tutte le attività umane”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2022-10-03 12:09:17 ,milano.repubblica.it