Author: Francesca Basso e Giuseppe Guastella
Data : 2023-01-21 20:51:34
Dominio: www.corriere.it
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L’accusa: i magistrati glielo proposero dalla prima ora, ma lei non vuole uno stigma per la figlia
«Dal primo momento hanno proposto ad Eva Kaili di dichiararsi colpevole per essere scarcerata e così poter finalmente riabbracciare sua figlia». Con la stessa franchezza e determinazione con cui nell’atrio del palazzo di giustizia di Bruxelles aveva sostenuto che il trattamento subito da Eva Kaili dopo l’arresto fosse «una tortura» medioevale, ora l’avvocato greco Michalis Dimitrakopoulos lancia una nuova, pesante accusa alla magistratura belga.
Giovedì scorso i giudici della Camera di consiglio di Bruxelles hanno rivalutato le esigenze cautelari che da più di sei settimane tengono rinchiusa nel carcere di Haren la ex vicepresidente del Parlamento europeo. Arrestata nell’inchiesta sulle presunte interferenze sul Parlamento europeo ordite da Qatar e Marocco con il pagamento di tangenti passate per la ong Fight impunity dell’ex eurodeputato di Pd e Articolo 1 Antonio Panzeri, Kaili si è vista prolungare la carcerazione di un altro mese.
La donna si è sempre professata innocente dichiarando alla Polizia e al giudice istruttore Michel Claise di non sapere nulla degli affari di Panzeri e Francesco Giorgi, padre della sua bambina di 23 mesi, attraverso la ong. Così come ha ripetuto a verbale di non aver saputo fino al giorno dell’arresto del compagno, avvenuto il 9 dicembre, che nella loro abitazione ci fossero 750 mila euro in contanti, 600 mila dei quali sono stati trovati dalla polizia nel trolley che il padre di Kaili, Alexandros, trascinava uscendo dal lussuoso hotel Sophitel di Bruxelles. L’uomo aveva ricevuto una telefonata in cui la figlia gli chiedeva di raggiungerla in abitazione per prelevare una valigia da restituire a Panzeri.
La ex giornalista televisiva greca è stata scagionata subito dal compagno Giorgi, ma gli inquirenti non hanno creduto alla versione della coppia, convinti che la donna faccia parte della rete di Panzeri e abbia tentato di aiutarlo a far sparire il denaro frutto delle manovre corruttive. Ed infatti la accusano di corruzione e di tentativo di nascondere il frutto di un delitto.
In sei settimane di carcere, la deputata del Pasok ha potuto incontrare la figlia solo due volte, la prima il giorno della Befana. «Nonostante il fatto che stare lontana dalla sua bambina sia la più grande tortura psicologica, lei non ha accettato di confessare qualcosa che non ha fatto», dichiara ancora l’avvocato Dimitrakopoulos.
Nei due lunghi interrogatori, con la Polizia giudiziaria prima e con Claise dopo, Kaili ha ripetuto più volte di non aver mai favorito il Qatar o il Marocco come parlamentare europeo e di essersi allineata con convinzione ai colleghi della sua area politica. Quando il giudice Claise le ha contestato di aver incontrato con Giorgi il ministro del lavoro del paese del Golfo Ali Bin Samikh Al Marri nell’hotel Steigenberger Wiltcher’s di Bruxelles, Kaili ha dichiarato che si trattò di un appuntamento ufficiale per la preparazione dell’audizione del qatarino nella sotto-commissione sui diritti dei lavoratori del 14 novembre. L’accusa annota che nello stesso albergo, ma in un altro momento, si sarebbero recati Giorgi e Panzeri: il secondo, all’uscita, aveva con sé una borsa piena.
L’ex vicepresidente del Parlamento europeo «non vuole che sua figlia erediti lo stigma di una madre che è stata una donna politica corrotta, perché non è vero», prosegue l’avvocato Dimitrakoupulos. «Con questi pensieri nella mente, Eva Kaili ha dato battaglia nella Camera di consiglio pronunciando con dignità parole chiare e fornendo argomenti concreti per essere rimessa in libertà». Senza «tentare di commuovere nessuno, ma solo convincere della sua innocenza». Ciò nonostante, «tremava mentre riferiva al giudice, che era una donna, le torture che ha subito, non in carcere, ma nella cella della polizia. «Ciò che ha vissuto ricorda il film Fuga di mezzanotte (il film-denuncia sulle condizioni dei detenuti nelle carceri turche negli anni ‘70, ndr), ma sfortunatamente questo sta accadendo nel centro dell’Europa».
La protesta non si ferma qui. L’avvocato greco è pronto a portare la battaglia legale più in alto: «La prossima settimana faremo ricorso alla Corte suprema. Quando qualcuno viene arrestato è immediatamente protetto dalla legge. Mi chiedo se sia stato così anche a Bruxelles?».
21 gennaio 2023 (modifica il 21 gennaio 2023 | 22:44)
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