Avremmo già dovuto intravvedere segnali negativi risponde del aperture decise secondo il criterio del ‘rischio ragionato’? “Sì, secondo il coordinatore del Cts Franco Locatelli, secondo il quale “l’ultima analisi settimanale indica un Rt inferiore a quello della settimana prima (0,86 contro 0,89) e l’incidenza cumulativa di casi ogni 100.000 abitanti è scesa a un valore nazionale di 96”. In un’intervista al Corriere della sera, Locatelli specifica comunque che “l’analisi della prossima settimana ci darà un quadro ancora più compiutamente definito, ma non avere, al momento, segnali di allerta è incoraggiante anche nella prospettiva di nuove misure di apertura, quali per esempio il prolungamento del coprifuoco, che il governo si accinge ad adottare. Resta fondamentale il principio ispiratore della gradualità e progressività ricordato anche recentemente dal presidente Draghi”.
Per togliere le mascherine all’aperto come negli Stati Uniti “è troppo presto, oggi la scelta non è ipotizzabile. Giusto comunque iniziare una riflessione prospettica. Dobbiamo aumentare il numero, già più che buono, di persone vaccinate. Oggi abbiamo superato il valore del 30% della popolazione residente. Per considerare scelte di questo tipo, dobbiamo incrementare sensibilmente questo valore e avere una circolazione virale ancora più ridotta. Verrà il tempo in cui potremo abbandonare le mascherine e riprendere ad abbracciarci”, è sicuro Locatelli.
Quanto alla somministrazione di AstraZeneca è J&J ai 40enni, “l’uso di entrambi i vaccini a vettore adenovirale è approvato sia dall’agenzia europea Ema sia dall’italiana Aifa indistintamente per soggetti sopra i 18 anni. Cito inoltre un’analisi pubblicata lo scorso 23 aprile da Ema sul rapporto tra benefici e potenziali rischi di trombosi nel contesto di diversi scenari di circolazione virale. Dimostra che in una situazione come quella attuale italiana, dopo la vaccinazione con AstraZeneca tra 50 e 59 anni il numero di casi ogni 100.000 persone che sviluppano i fenomeni trombotici è stimato essere pari a 1.1, mentre il numero di morti dovute a Covid-19 prevenibili è di 8 ogni 100.000 persone” dice ancora l’esperto.
Lo stop al vaccino italiano ReiThera da parte della Corte dei Conti “è dovuto a ragioni non di ordine medico, non è stato concesso il visto al decreto di finanziamento per lo sviluppo. Le decisioni degli organi di controllo e di giustizia vanno sempre rispettate”, afferma Locatelli. “In un Paese importante come l’Italia investire sia sui vaccini sia sugli anticorpi monoclonali è rilevante e qualificante, come lo è creare una struttura nazionale di prevenzione, contenimento e gestione delle malattie infettive epidemiche” evidenzia.
Quando somministrare la seconda dose del vaccino anti Covid? “Tante evidenze indicano che prolungare la seconda somministrazione nella sesta settimana dalla prima non compromette l’efficacia della risposta immunitaria che viene a formarsi a 21 e 28 giorni”, continua il coordinatore del Cts, che con particolare riferimento agli anziani spiega che “una nota pubblicata su Nature pochi giorni fa riporta che in soggetti ultra-ottantenni la somministrazione della seconda dose del vaccino di Pfizer-BioNTech a 12 settimane dalla prima esprime anticorpi di tre volte e mezzo più elevati rispetto alla somministrazione classica a tre settimane”. “Anche considerando che una singola somministrazione conferisce una protezione da malattia grave del 90% a 21 giorni, è evidente, in una prospettiva di sanità pubblica, la scelta di privilegiare la possibilità di immunizzare un numero più alto di soggetti ritardando fino alla sesta settimana la seconda dose. Che poi per pazienti fragili affetti da patologia oncoematologica o da immunodepressione si mantenga l’intervallo delle tre settimane per completare nel più breve tempo possibile il ciclo vaccinale risponde a una logica di massima tutela”, conclude Locatelli.