La serie israeliana Shtisel, saga familiare che dal 2013 ripercorre le vicende, quotidiane e straordinarie, dell’omonima famiglia ultraortodossa, è su Netflix con la sua terza, poetica, stagione.
Perché, in fondo, a tutti piace Beautiful
Sembra affermarlo la stessa capostipite della famiglia Shtisel, nonna Malka, che dal letto della sua casa di riposo prega per la vita di Ridge e Brooke, davanti allo sguardo attonito e sabotatore di figli e nipoti. E, in fondo, anche Shtisel è una elegantissima, ironica, poetica e ben studiata versione esotizzante della serie più secolarizzata e occidentale che la storia della televisione mondiale abbia mai conosciuto. La serie israeliana, uscita nel 2013 e ben presto acquisita dalla piattaforma Netflix per il mercato internazionale, ha ben presto e in poco tempo fidelizzato uno zoccolo duro di spettatori, creando, attorno alla micro-comunità apparentemente inaccessibile della famiglia Shtisel, una macro-comunità di adepti che non sono propriamenti avvezzi o profondamente conoscitori delle complesse dinamiche religiose e rituali del quartiere Geola di Gerusalemme, dove si riunisce la comunità ortodossa degli haredim (i “timorati di Dio”) e dove si svolgono anche le vicende della famiglia.
Il successo di Shtisel tra millenarismo, contemporaneità, nostalgia
L’exploit di Shtisel, arrivato alla sua terza stagione, sembra confermare una tendenza che non è dettata solo dalla richiesta sempre crescente di novità che l’esigente pubblico ormai richiede, ma soprattutto dalla particolare attenzione narrativa che solo le serie medio-orientali sembrano regalare: basti pensare all’israeliana BeTipul, capostipite della più nota serie In Treatment, o alla turca e più recente Ethos, raffinato prodotto di pregevole scrittura. Shtisel ha, in più, un’eccellente qualità drammaturgica, fatta di costanti e coerenti racconti multifocali, con uno sguardo aperto alla situazione contemporanea della comunità ebraica ortodossa e ultra-ortodossa, di cui anche gli autori degli episodi, Ori Elon e Yehonatan Indursky, fanno o hanno fatto parte. Indursky ha, infatti, tramite l’accompagnamento dell’associazione Hillel, attuato un processo definitivo di “risocializzazione” in seguito all’uscita dalla comunità ortodossa; tema, mutatis mutandis, affrontato nella meno convincente ma pur sempre valida Unorthodox.
La trama di Shtisel è gradevole, paziente, ma non estenuante e ruota intorno alla quotidianità di un padre, Shulem, e di un figlio, Akiva, e dei tentativi di emancipazione di quest’ultimo, nella lotta continua tra l’aspirazione verso una “modernità” tanto sognata quanto utopica e il mantenimento dell’integrità, dei costumi e dei rituali propri della comunità ortodossa. La storia dei due si intreccia inestricabilmente con la storia degli altri componenti della famiglia, formando un sodale e compatto nucleo, un universo in cui i ruoli sono fedeli a loro stessi, ma allo stesso tempo non immutabili e dai contorni sfumati. Soprattutto nelle figure femminili, apparentemente più devote e sottomesse, si percepisce invece (specchio anche dei contemporanei cambiamenti della società e delle direttive religiose) una progressiva posizione di affrancamento, che si riflette nella passione molto vivace, inattesa e non stereotipata che colora le esistenze delle sorelle e delle donne amate da Akiva (e, anche dal padre, vedovo alla ricerca di una nuova compagna di vita).
L’esperienza religiosa, l’esotismo dello sguardo
Sebbene l’esperienza religiosa sia centrale, Shtisel non si concentra sui rituali prestabiliti o sui risvolti societari e politici delle complesse posizioni e sfumature del mondo ultra-ortodosso, ma si attarda sugli elementi antropologici più significativi in un perimetro topografico ben prestabilito, quasi asfittico, ma edulcorato da una costruzione narrativa sublime e da un mélange linguistico (tra yiddish e ebraico) accattivante. In realtà l’esperienza visiva per lo spettatore occidentale sembra riflettere il dualismo lacerante che invade anche la nostra comunità, solo apparentemente libera e fluida; entrare nella famiglia di Shtisel è come andare alla ricerca e ritrovare un parente lontano, che ci è sempre sembrato familiare e affine; è come ritrovare se stessi, le proprie radici millenarie e le proprie sicurezze e fondamenta storiche, senza muovere un passo dal proprio appartamento.
Source link
Serena Pacchiani
2021-07-29 09:30:34 ,