Nessun rialzo. La Fed ha cambiato definitivamente rotta. La riunione di giugno del Comitato di politica monetaria (Fomc) tornerà a concentrarsi sui “dots”, sulle previsioni dei governatori sull’andamento del costo ufficiale del credito, e anche sul valore dei tassi di lungo periodo – un obiettivo non esplicito – che potrebbe variare dopo mesi di stabilità.
L’inflazione si ferma?
A spingere la Fed a mantenere fermi i tassi al livello terminale sono stati i dati sull’inflazione. L’indice Pce, che la banca centrale Usa ha adottato come riferimento, era ad aprile (2,7% annuo) ai livelli di novembre, dopo il brusco rialzo di marzo. L’indice core si è virtualmente fermato, a livelli non soddisfacenti: 2,8% (2,754% arrotondato a tre decimali invece di uno), come a marzo (2,813%) e a febbraio (2,815%).
Aspettative leggermente elevate
Le aspettative di inflazione di lungo periodo si sono inoltre ulteriormente stabilizzate attorno a un livello leggermente più elevato rispetto all’obiettivo di inflazione, lasciando temere che la disinflazione possa fermarsi al di sopra del target: una circostanza che, nella logica della Fed, potrebbe segnalare la persistenza di pressioni sui prezzi capaci di risospingerli verso l’alto.
Condizioni finanziarie accomodanti
Le condizioni finanziarie, misurate lungo tutta la catena di trasmissione dall’indice di Chicago, Proseguono a muoversi verso un livello di maggiore, e non stabile, accomodamento monetario, confermata – per quello che vale nel breve periodo – dai tentativi di ripresa dell’offerta di moneta M1.
Spese federali stabilmente alte
Uno dei fattori di pressione sui prezzi resta la spinta delle spese federali che, dopo aver interrotto nel 2020, con il Covid, un trend di lentissima crescita, si sono stabilmente collocate a un livello più elevato, mantenendo elevata la domanda. Anche eliminando – usando una media troncata – i dati estremi, la serie storica continua a mostrare una discontinuità rispetto al passato.