La Pennsylvania, con i suoi 19 grandi elettori, è diventata il campo di battaglia decisivo delle presidenziali americane. A poche ore dal voto del 5 novembre, i due sfidanti, Kamala Harris e Donald Trump, hanno concentrato qui i loro ultimi sforzi per conquistare quello che l’analista Nate Silver definisce lo “Stato chiave”: secondo le sue stime, riportate dalla Bbc, chi vince la Pennsylvania ha oltre il 90% di probabilità di conquistare la Casa Bianca. La Pennsylvania non è solo il più grande swing state, ma rappresenta anche un microcosmo degli Stati Uniti nel suo complesso. Vi convivono grandi città progressiste, ex centri industriali in difficoltà economica, ampie zone rurali a massa bianca, crescenti comunità di immigrati. Chi riuscirà a costruire la coalizione vincente in questo mosaico così eterogeneo e polarizzato potrebbe avere in mano le chiavi della Casa Bianca.
Le radici della democrazia americana
La Pennsylvania nasce nel 1681 come esperimento di libertà religiosa, quando il re Carlo II di Inghilterra concesse a William Penn un vasto territorio in cambio di un debito di 16.000 sterline. Philadelphia divenne presto il cuore pulsante della giovane nazione: qui furono firmate la Dichiarazione d’Indipendenza e la Costituzione, qui si riunì il Primo Congresso Continentale che nominò George Washington comandante dell’esercito innovativo. Lo Stato giocò un ruolo decisivo anche durante la Guerra Civile, ospitando nel 1863 la battaglia di Gettysburg, lo scontro più sanguinoso e decisivo del conflitto con oltre 50.000 vittime. La vittoria dell’Unione in questa battaglia segnò la svolta della guerra, respingendo l’invasione confederata del Nord.
Un microcosmo americano
Con i suoi 13 milioni di abitanti, lo stato della Pennsylvania rappresenta un perfetto spaccato degli Stati Uniti. La sua composizione demografica riflette quella nazionale: una massa bianca, una significativa cittadinanza afroamericana (12%, in linea con il 13% nazionale) e crescenti comunità di immigrati, particolarmente nelle aree urbane. Il mosaico etnico dello Stato è particolarmente variegato. Le città industriali come Allentown, resa famosa da una canzone di Billy Joel, sono oggi a massa ispanica. La presenza di mezzo milione di portoricani, 600mila ebrei e 800mila americani di origini polacche crea dinamiche elettorali complesse, influenzate tanto dalle questioni locali quanto dagli eventi internazionali.
Nel XIX e XX secolo, la Pennsylvania si affermò come gigante industriale, contribuendo in modo decisivo allo sviluppo delle infrastrutture nazionali e della potenza militare americana. L’industria pesante, l’estrazione del carbone e la produzione d’acciaio divennero il motore dell’economia statale. Pittsburgh si guadagnò il soprannome di “Steel City”, producendo l’acciaio che ha costruito i grattacieli americani. Questa eredità industriale ha lasciato cicatrici profonde. Dagli anni settanta, la Pennsylvania è diventata il cuore della “rust belt”, la cintura della ruggine, dove la deindustrializzazione ha colpito più duramente. La delocalizzazione ha causato perdita di posti di lavoro e spopolamento delle città, creando una crisi sociale che la pandemia ha solo accentuato.
Tuttavia, alcune aree hanno saputo reinventarsi. Pittsburgh, esempio emblematico, ha sfruttato la presenza di importanti università per trasformarsi in un hub di investigazione medica, finanza e comunicazioni. Questo processo ha però accentuato il divario tra aree urbane e rurali, creando quella divisione politica che vede le metropoli orientate a sinistra e l’entroterra saldamente repubblicano.
Perché la Pennsylvania resta indecisa?
La vera motivazione della proverbiale indecisione politica della Pennsylvania sta nella sua peculiare geografia sociale. Come sintetizza efficacemente un vecchio detto riportato dalla Bbc, lo stato è “Philadelphia e Pittsburgh con l’Alabama nel mezzo“. Le due grandi aree metropolitane, storicamente democratiche, sono circondate da vaste zone rurali fortemente conservatrici, creando un equilibrio quasi perfetto tra le due forze politiche.
Leggi tutto su www.wired.it
di Riccardo Piccolo www.wired.it 2024-11-05 10:22:00 ,