La scienza continua a studiare la variante Omicron con l’obiettivo di riuscire a combatterla meglio e vincerla al più presto. Una serie di nuove ricerche su animali da laboratorio e tessuti umani riportata dal New York Times sta fornendo i primi indizi sul perché la nuova mutazione di Covid-19 sembrerebbe causare una malattia dai sintomi più lievi rispetto ai genomi precedenti. Alcuni dati arrivano dall’Istituto di sanità di Berlino. Qui il biologo computazionale Roland Eils parla di una malattia che si manifesta principalmente nel sistema respiratorio superiore: e quindi naso, gola e trachea. Omicron sembrerebbe dunque creare molti meno danni ai polmoni, dove le varianti precedenti hanno spesso causato cicatrici e gravi difficoltà respiratorie.
I primissimi dati che lo scorso novembre arrivarono dal Sudafrica nel preliminare rapporto sulla nuova variante, raccontavano di oltre 50 mutazioni genetiche associate a Omicron e nulla di più. Come la nuova variante potesse comportarsi all’interno del corpo rimaneva un mistero. Nell’ultimo mese, più di una dozzina di gruppi di ricerca, incluso il Dr. Gupta intervistato dal New York Times, hanno osservato il nuovo patogeno in laboratorio spruzzando il virus nel naso degli animali. Mentre lavoravano, Omicron si è diffuso in tutto il pianeta, infettando anche le persone che erano state vaccinate o si erano riprese dalle infezioni. La prima evidenza sul campo è stata una sproporzione tra il numero di casi saliti alle stelle e l’aumento modesto dei ricoveri.
«Più mite di Delta»
Una delle prime cose notate dagli scienziati è che la maggior parte delle prime infezioni da Omicron riguardava i giovani, noti come soggetti capaci di ammalarsi meno gravemente con tutte le versioni del virus. Molti di quei primi casi si sono verificati poi anche in persone con una certa immunità da precedenti infezioni o vaccini. Non era chiaro però se Omicron si sarebbe dimostrato meno grave anche, per esempio, in una persona anziana non vaccinata. Gli esperimenti di cui racconta il New York Times sono riusciti a chiarire questi dubbi perché operati su animali identici che vivono in condizioni identiche. «Più di una mezza dozzina di ricerche resi pubblici negli ultimi giorni hanno portato tutti alla stessa conclusione: Omicron è più mite di Delta e di altre versioni precedenti del virus», scrivono gli autori dell’articolo Carl Zimmer e Azeen Ghorayshi.
«Meno danni ai polmoni e meno casi di decessi»
Pochi giorni fa un grande consorzio di scienziati giapponesi e americani ha pubblicato un rapporto su criceti e topi che infettati da Omicron o da una delle varianti precedenti. L’analisi ha dimostrato come i soggetti infetti da Omicron avevano meno danni ai polmoni, perdevano meno peso e avevano meno probabilità di morire. Sebbene gli animali infettati da Omicron abbiano manifestato in media sintomi molto più lievi, gli scienziati sono rimasti particolarmente colpiti dai risultati nei criceti siriani, una specie nota per essere gravemente ammalata con tutte le versioni precedenti del virus. «Questo è stato sorprendente dal momento che ogni altra variante ha infettato in modo robusto questi criceti», ha affermato il dott. Michael Diamond, virologo della Washington University e coautore dello studio. Diversi altri studi su topi e criceti hanno raggiunto la stessa conclusione. È fondamentale tenere a mente che come la maggior parte delle ricerche urgenti relative a Omicron, tali studi sono stati pubblicati online ma non ancora riprese dalle riviste scientifiche ufficiali.
«Naso, bocca e gola le parti più interessate»
La ragione per cui Omicron è più mite potrebbe essere una questione di anatomia. Il dottor Diamond e i suoi colleghi hanno scoperto che il livello di Omicron nel naso dei criceti era lo stesso degli animali infettati da una precedente forma di coronavirus. Ma i livelli di Omicron nei polmoni erano un decimo in meno del livello di altre varianti. Una scoperta simile è arrivata dai ricercatori dell’Università di Hong Kong che hanno studiato frammenti di tessuto prelevati dalle vie aeree umane durante un intervento chirurgico. In 12 campioni di polmone i ricercatori hanno scoperto che Omicron cresceva più lentamente di Delta e altre varianti. I ricercatori hanno anche infettato il tessuto dei bronchi, i tubi nella parte superiore del torace che forniscono aria dalla trachea ai polmoni. E all’interno di quelle cellule bronchiali, nei primi due giorni dopo un’infezione, Omicron è cresciuto più velocemente di Delta o del coronavirus originale. Questi risultati dovranno essere seguiti da ulteriori studi, come esperimenti con scimmie o esami delle vie aeree di persone infette da Omicron. Se i risultati confermeranno quanto verificato finora, potrebbero spiegare perché le persone infette da Omicron sembrano avere meno probabilità di essere ricoverate in ospedale rispetto a quelle con Delta.
Perché Omicron non attecchirebbe nei polmoni
Molte cellule del polmone trasportano sulla loro superficie una proteina chiamata TMPRSS2 che può inavvertitamente aiutare i virus in transito ad entrare nella cellula. Ma il team del Dr. Gupta ha scoperto che questa proteina non si attacca molto bene a Omicron. Di conseguenza la nuova variante non riesce ad infettare le cellule allo stesso livello di Delta. Un team dell’Università di Glasgow è giunto alla stessa conclusione: attraverso un percorso alternativo, i coronavirus possono anche scivolare nelle cellule che non producono TMPRSS2. Più in alto nelle vie aeree, e quindi bocca, gola e trachea, le cellule tendono a non trasportare la proteina, il che potrebbe spiegare l’evidenza che l’Omicron si trova lì più spesso che nei polmoni. Il Dr. Gupta continua a ipotizzare che Omicron si sia dunque evoluta nelle vie aeree superiori, prosperando nella gola e nel naso. Se questo è vero, il virus potrebbe avere maggiori possibilità di essere espulso in minuscole gocce nell’aria circostante e di incontrare nuovi ospiti.
Le domande ancora senza risposta
Sebbene questi studi aiutino chiaramente a spiegare perché Omicron causi una malattia più lieve, non rispondono ancora al motivo per cui la variante appaia così efficace nel diffondersi da una persona all’altra. «Questi studi affrontano la domanda su cosa può accadere nei polmoni, ma non affrontano realmente la questione della trasmissibilità», ha spiegato Sara Cherry, virologa presso la Perelman School of Medicine dell’Università della Pennsylvania. Gli scienziati sanno che parte della contagiosità di Omicron deriva dalla sua capacità di eludere gli anticorpi, permettendogli di entrare facilmente nelle cellule delle persone vaccinate molto più facilmente rispetto ad altre varianti. Ma sospettano che Omicron abbia anche altri vantaggi biologici. La scorsa settimana sulla rivista Nature i ricercatori hanno riferito di come la variante porti una mutazione che potrebbe indebolire la cosiddetta “immunità innata”, un allarme molecolare che attiva rapidamente il nostro sistema immunitario al primo segno di un’invasione nel naso. Ma anche in questo caso serviranno più studi per stabilire se questo costituisce davvero uno dei segreti della velocità di Omicron.
Leggi anche:
Source link
Scritto da Giada Giorgi perwww.open.online il 2021-12-31 18:32:21 ,