Non è tra i vulcani più attivi al mondo per emissione di lava, ma in quanto ad anidride carbonica l’Etna è secondo a pochi altri. Una questione nota da diverso tempo, ma mai compresa a fondo. Almeno fino a qualche giorno fa, quando un’équipe di ricercatori dell’Università di Firenze, dell’Università di Colonia e dell’Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria al Consiglio Italiano delle Ricerche (Cnr) ha pubblicato uno studio in cui si analizza e spiega in dettaglio il motivo per cui il vulcano siciliano emetta CO2 in quantità così significativa: la ragione, spiegano gli scienziati, sta nel fatto che circa 50 chilometri al di sotto dell’Etna, nel mantello terrestre, è presente un enorme “serbatoio” di carbonatiti, rocce – come suggerisce il nome – composte di carbonio e responsabili, per l’appunto, dell”arricchimento’ della CO2. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Geology.
Le evidenze raccolte finora dai vulcanologi mostrano che non sempre esiste una correlazione diretta tra volume di magma eruttato e quantità di anidride carbonica emessa nell’atmosfera da parte di un vulcano. In questo senso, l’Etna è un esempio perfetto: al momento, si stima contribuisca per il 10% alla quantità totale di anidride carbonica emessa dai vulcani in tutto il mondo. Si pensi, per confronto, che il vulcano Kilauea, nelle Hawai, emette una quantità di magma quattro volte superiore rispetto all’Etna, ma è responsabile solo del 3% dell’anidride carbonica vulcanica totale. Per studiare il fenomeno, gli scienziati hanno analizzato campioni di roccia prelevati da quattro vulcani geograficamente vicini, ma molto diversi (Etna, Vulture, Stromboli e Pantelleria), concentrandosi in particolare sul rapporto tra due sostanze, il niobio e il tantalio.
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L’analisi ha svelato che le rocce etnee (e quelle del Vulture, anche se in misura minore) presentano un rapporto niobio-tantalio anomalo rispetto agli altri: “Quest’anomalia”, ci ha spiegato Riccardo Avanzinelli, professore associato di petrologia e petrografia all’Università di Firenze, uno degli autori del lavoro, “ci suggerisce che al di sotto del vulcano sia presente un grande serbatoio di carbonatiti, materiali molto ricchi in carbonio, responsabili, di conseguenza, delle grandi emissioni di anidride carbonica. Tutto dipende dalla speciale conformazione geodinamica della regione, e in particolare dai movimenti della placca di subduzione ionica che “trasporta” questi serbatoi sotto l’Etna“.
In questo senso, lo studio delle emissioni di CO2 è particolarmente interessante e istruttivo per vulcanologi e geologi, perché “racconta” i movimenti delle placche, e può essere importante anche per prevedere i fenomeni eruttivi. Inoltre, avere a disposizione una mappa dettagliata dei grandi emettitori di anidride carbonica è fondamentale anche per chi si occupa di modelli climatici, dal momento che consente di comprendere meglio come e quanto i vulcani contribuiscano alla concentrazione di CO2 in atmosfera.
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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-01-31 07:07:24 ,
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