Perché non si trovano le colonnine per ricaricare l’auto elettrica?

Perché non si trovano le colonnine per ricaricare l’auto elettrica?


Chi possiede un’auto elettrica sa bene che affrontare lunghi viaggi in autostrada può risultare complicato visto che manca una struttura capillare di colonnine fast e super fast per il rifornimento di energia. Non è raro vedere automobilisti costretti ad uscire dal casello e rientrare dopo aver ricaricato l’auto, costretti a calcolare perfettamente l’orario di arrivo per non rimanere a secco. Insomma a spaventare è soprattutto l’autonomia della batteria (la media è di 150-200 chilometri) così come i tempi di attesa per la ricarica. Ma perché in Italia è così complicato trovare una colonnina a cui attaccare l’auto ad una ragionevole distanza una dall’altra? Abbiamo cercato di ricostruire una vicenda che s’intreccia con i tempi della burocrazia, gare d’appalto annunciate e mai avviate, leggi che almeno in parte non collimano.

7 mila chilometri, ma 38 stazioni di servizio 

Secondo il report “Colonnine in autostrada 2022” realizzato da InsideEVs.it il portale dedicato alla mobilità elettrica (realizzato sui dati delle concessionarie autostradale, Motus-E, Google Maps e Tesla) che ha mappato nel mese di luglio la disponibilità di punti di ricarica all’interno delle aree di servizio condanna l’Italia ad una arretratezza infrastrutturale inaccettabile per un Paese a vocazione turistica. Analizzando i punti di ricarica lungo i 6.943 chilometri di rete autostradale troviamo 506 stazioni di servizio, soltanto 59 dispongono di colonnine pari a 254 punti di ricarica. Numeri che si riducono ad appena 38 stazioni di servizio e 172 punti di ricarica se si considerano le colonnine ad alta potenza (da 150 a 350kw) quelle che sono necessarie a ricaricare durante i lunghi viaggi. In tempi da considerare più ragionevoli e cioè compresi tra le 15 e i 30 minuti a seconda del modello di auto. Le altre sono di fatto inutili perché è impensabile imporre soste superiori alle due ore per fare un pieno.

Grave anche la mancanza di omogeneità della diffusione sul territorio: così è impossibile pianificare un viaggio perché la situazione varia da regione a regione. Se Emilia Romagna e Lombardia, ma anche Valle d’Aosta e Umbria (in proporzione ai chilometri di autostrada), dispongono di più di un’area di servizio attrezzata ogni 100 km, Basilicata, Molise e Sicilia non offrono ancora nessuna stazione costringendo sempre gli automobilisti a uscire dal casello per ricaricare. Più in generale, forti differenze si rilevano fra Nord, Centro e Sud Italia. Così chi vuole attraversare il nostro Paese con un’auto elettrica – cosa che fanno nonostante tutto automobilisti del nord Europa – è insomma condannato a uscire più volte dall’autostrada, ricaricare la macchina e poi rientrare e proseguire il viaggio. Una situazione paradossale, dovuta anche ad una cronica carenza normativa.

“Mentre in tutti i Paesi europei la mobilità elettrica è in crescita, solo in Italia stiamo tornando indietro a causa di una serie di difficoltà sia nell’installazione di colonnine di ricarica soprattutto in autostrada, sia per una politica di incentivi (ecobonus) non in linea con gli obiettivi di abbassamento delle emissioni. Risultato? Tutto questo non promuove l’acquisto di un’auto elettrica”. Francesco Naso segretario generale di Motus-E, l’associazione che rappresenta gli stakehoulder della mobilità elettrica spiega perché tra blocchi degli appalti, ritardi e il cambio di governo, l’Italia potrebbe trovarsi in seria difficoltà sul fronte della Transizione energetica.

I bandi rinviati 

Eppure nella legge di bilancio del 2021 si parlava di realizzare il famoso “Corridoio autostradale della mobilità elettrica tra Roma e Catania“. Piano che imponeva alle concessionarie autostradali di creare una rete di infrastrutture di ricarica per i veicoli elettrici di ultima generazione e ad alta potenza all’interno delle aree di servizio. Almeno una ogni 50 chilometri. Piano che avrebbe dovuto vedere la luce nel luglio 2021, ma che invece è ancora bloccato. Cosa è successo? Cinque mesi dopo l’approvazione della legge di bilancio, è intervenuta l’Art (Autorità di Regolazione Trasporti) che ha avocato a sé la competenza sulla gare di appalto prendendosi sei mesi di tempo per studiare il dossier. Nel frattempo, sono scadute pure le concessioni autostradali sia per i pubblici che per i privati (27 maggio 2021) e di rinvio in rinvio si è arrivati al 28 febbraio 2022, termine spostato ancora al 31 maggio quando l’ART avvisa tutti che i termini per indire le gare di appalto sono prorogate al 28 ottobre 2022.  

Pnrr: investimenti per le colonnine extraurbane ma non in autostrada. 

La complicata storia delle colonnine in autostrada s’intreccia anche con i fondi del Pnrr stanziati proprio per realizzare le infrastrutture a favore delle auto elettriche. Si tratta di ben 741 milioni di euro per 7.500 stazioni di ricarica super veloce da creare nelle aree di servizio sulle strade extraurbane, ma non in autostrada, e almeno 13.755 stazioni di ricarica veloci nei centri urbani. Per un totale di 21.255 punti di ricarica previste solo per la realizzazione delle colonnine sempre e solo nelle aree di servizio. Proprio l’intenzione di centralizzare il più possibile le ricariche all’interno delle stazioni di carburante tradizionali non trova d’accordo gli esperti di Motus-E che avevano suggerito di installarle in luoghi come nei parcheggi dei supermercati, garage condominiali, strade. “L’idea è di ricaricare la macchina mentre si fa altro, si sta in ufficio ad esempio – spiega ancora Francesco Preziosi – vale la pena ricordare infatti che per il 90% del tempo le nostre autovetture rimangono ferme. Bisogna cambiare la mentalità”. Per ospitare le infrastrutture di ricariche, le stazioni di servizio dovranno comunque presentare un progetto dimostrando di avere determinate caratteristiche: 81 mila euro è il costo previsto per l’adeguamento per ogni stazione. Tre i bandi per poter accedere ai contributi a fondo perduto fino al 40%: uno all’anno, dal 2022 al 2024. Il primo partirà entro il prossimo dicembre.

 

Cosa fare?

Abbiamo chiesto a Motus-E (un’Associazione fondata nel 2018 e che ad oggi conta oltre 90 associati e partner tra i principali costruttori di auto, utilities, fornitori di infrastrutture elettriche, di ricarica e di filiera delle batterie, società di noleggio, università, associazioni ambientaliste e di consumatori) cosa a questo punto si può fare.

 “E’ importante – ci hanno spiegato – che le concessioni per il servizio di ricarica in autostrada siano trasparenti e avvengano sulla base di una procedura competitiva come già avvenuto, ad esempio, per le aree di ristoro. In merito si cita anche l’attuale proposta della Commissione europea per aggiornamento della DAFI (di seguito “bozza AFIR”) in cui sono espressamente citate le concessioni esistenti autostradali come un motivo di preoccupazione ed incoraggia gli stati membri ad affidare con procedure competitive l’infrastrutturazione della rete di ricarica al fine di limitarne i costi ed abilitare nuovi attori del mercato”.

Il problema normativo è infatti enorme. E su questo Mouts-E formula precise richieste per il prossimo governo: “Fondamentale è la pubblicazione dei piani di sviluppo da parte dei concessionari autostradali. Erano previsti già nel 2018, ma ad oggi non sono stati ancora resi noti al pubblico, nonostante siano stati consegnati ai ministeri”. Secondo gli esperti di Motus-E è necessario conoscere le caratteristiche dei piani dei concessionari che sono stati trasmessi al Mims al fine di:

– Verificare la compatibilità dei piani di gestori di concessioni contigue, al fine di ottenere una buona capillarità geografica, una distribuzione omogenea delle stazioni, e rispettare anche quelli che si stanno attestando come i nuovi obiettivi previsti dalla bozza ministeriale.

– Permettere a terze parti di fare valutazioni di investimenti che siano ad integrazione dei piani dei concessionari.

– Confrontare la copertura dei punti di ricarica autostradali (con focalizzazione su quelli ad alta potenza) con i dati sui flussi di traffico a disposizione delle regioni.

– Permettere un dialogo aperto con i Dso (Distribution System Operator) operanti sul territorio, al fine di rendere i piani di sviluppo dell’infrastruttura di ricarica ad alta potenza compatibili con quelli di sviluppo della rete di ricarica. Si ricorda ad esempio che, a tal fine, l’Arera si è proposta di integrare i piani dei Dso con analisi di impatto dei punti di ricarica ad alta potenza, durante i focus group lanciati a marzo 2020.

– Analizzare la compatibilità di tali piani con l’attuale strategia ministeriale, in discussione a livello europeo, che pone dei target molto specifici ai Paesi membri sulla capillarità delle infrastrutture sui corridoi autostradali.

– Infine, in via prioritaria, si richiede di poter scorporare almeno le subconcessioni per le infrastrutture di ricarica dalle altre e di approvare gli schemi di bando il prima possibile. Almeno, si spera.

 

 

 



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[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-08-19 15:16:33 ,

www.repubblica.it

[email protected] (Redazione di Green and Blue) , 2022-08-19 15:16:33 ,
Il post dal titolo: Perché non si trovano le colonnine per ricaricare l’auto elettrica? scitto da [email protected] (Redazione di Green and Blue) il 2022-08-19 15:16:33 , è apparso sul quotidiano online Repubblica.it > Green and blue

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