«Permette un volantino?». Michetti, «una città più buona in viale Gladiatori»- Corriere.it

«Permette un volantino?». Michetti, «una città più buona in viale Gladiatori»- Corriere.it

«Permette un volantino?». Michetti, «una città più buona in viale Gladiatori»- Corriere.it


di Tommaso Labate

Il candidato del centrosinistra a Porta Portese. E schiva una domanda insistente: che cosa hai deciso per il cane? Lo prendi?


«Questa storia del cane teniamola fuori», implora a voce bassa Roberto Gualtieri, evidentemente impegnato, oltre che nel testa a testa con Enrico Michetti per la poltrona di sindaco di Roma, nella diatriba familiare sull’accoglienza in dimora o meno di un amico a quattro zampe, diatriba in cui non si capisce chi lo vuole e chi no, il cane. A velare il sorriso del candidato sindaco del centrosinistra di un’ombra di terrore — nella domenica in cui si concede un bagno di folla al mercato di Porta Portese, a sette giorni dal ballottaggio — il momento in cui incrocia un signore dall’accento calabrese che lì per lì non lo riconosce a causa della mascherina; ma che dopo qualche secondo ha un’illuminazione.

«Gualtieri! Ti ricordi? Sono dell’associazione animalista, abbiamo fatto quella cosa insieme per il canile», urla di gioia nella direzione dell’ex ministro dell’Economia, che distribuisce volantini nel mercato ai bordi di Trastevere. «Ma poi hai deciso per il cane? Lo prendi?». Gualtieri temporeggia, indirizza la discussione verso la parte del programma elettorale dedicata alle associazioni ambientaliste, tenta un dribbling disperato dall’«affaire cane» che però l’altro gli ripropone una volta («Fammi sapere che cosa decidi di fare con il cane!»), poi una seconda («Se decidi per il cane io ti aspetto, eh?»), quindi una terza («Tutto chiaro, nel caso ci sentiamo poi per il cane!»). Ci fossero delle telecamere e un cane in presenza pronto per la consegna, sarebbe un perfetto remake di quella volta che Mario Monti si ritrovò con il cucciolo Empy tra le braccia in diretta tv.

Sulla carta, per un candidato del centrosinistra, la prova mercato non è delle più semplici. Soprattutto ai tempi della direttiva Bolkestein, tema salviniano che più salviniano non si può. Gualtieri si muove come chi gioca in dimora. «Ecco il nostro prossimo sindaco», gli urla il proprietario della bancarella che vende cacciaviti, chiavi inglesi, brugole e batterie stilo. Chiunque risponderebbe con una battuta o un gesto scaramantico. Non l’ex ministro dell’Economia, «scaramantico zero, non credo a queste cose». Preoccupato dal pericolo fascista, questo sì. Lo dice la mattina, presentandosi di fronte alla sede della Cgil. E lo ripete a Porta Portese, elevando a urgenza un provvedimento rimasto nelle dichiarazioni di Virginia Raggi e lì fermo da tempo. «Lo sgombero di CasaPound, assolutamente sì, è una cosa che farò subito». Nei primi cento giorni del mandato, qualora diventasse sindaco? «Nei primi cento giorni del mandato», risponde.

La parola magica che scioglie la timidezza del secchione nell’empatia del candidato è un semplice «permette?». «Permette?», fa Gualtieri porgendo i volantini alle persone che affollano il mercato. Il novanta % delle volte lo riconoscono, «t’ho già votato domenica scorsa e ti rivoto la prossima». Nel nove % no, serve la presentazione. «Permette? Roberto Gualtieri». L’un % che rimane è una giovane ragazza che, vista con le lenti novecentesche, è vestita come un perfetto esemplare dell’elettrice di sinistra. «Permette? Roberto Gualtieri, candidato sindaco del centrosinistra». «E io sono minorenne», fa lei sbrigativa.

Verso mezzogiorno, l’ex ministro dell’Economia cade nelle grinfie di un gruppo di sostenitori di Michetti guidato dal leader del dipartimento Ambulanti della Lega, Angelo Pavoncello. Pavoncello tira fuori il cellulare per riprendere la scena e metterla sui social ma Gualtieri, non si sa come, riesce a convincere gli interlocutori all’apparenza inferociti ad accomodarsi sul terreno del dialogo. «Allora, se vinci te, ci devi garantire che se sedemo al tavolino e affrontiamo la tematica ambulanti». Il video di Pavoncello si interrompe e il capo degli ambulanti leghisti fa una smorfia di delusione, mentre qualcuno nello staff di Gualtieri eleva la scenetta a esempio bonsai dell’illustre precedente di San Francesco col lupo di Gubbio. «Ci sa fare, Roberto, eh?».

I temi della settimana scorsa sembrano distanti secoli. Il «caso Calenda» non è più un caso. «Con Carlo ci siamo scritti e sentiti», sorride Gualtieri. «L’ho chiamato per ringraziarlo del voto che mi ha promesso», aggiunge. La carta Bertolaso, lanciata sul tavolo verde da Michetti, è un jolly che non lo spaventa. «Queste cose le decide il governo, non il Campidoglio. E poi, non è detto che serva un commissario per il Giubileo. Si può istituire un’agenzia o può gestirlo il sindaco in prima persona», e quest’ultima sembra l’idea che accarezza.

Al Foro Italico, dov’è in corso il torneo Tennis&Friends, dedicato all’importanza della prevenzione, Gualtieri si presenta un’ora e mezza dopo aver lasciato Porta Portese. Scherza con Paolo Bonolis e Jimmy Ghione di Striscia la notizia. Da lì è passato anche Michetti ma i due non si sono incrociati. Il bar del tempio del tennis italiano, nella geografia capitolina, è considerato una specie di «mini Ohio», uno di quei luoghi — come il celebre Stato degli Usa che «indovina» le tendenze elettorali in anticipo — in cui il cavallo vincente lo si fiuta alla partenza, non all’arrivo.

L’ex ministro è quasi sorpreso della grande accoglienza. E forse, ora che si sono fatte le tre del pomeriggio, ripensa a quel sosia dell’attore Mario Carotenuto che dietro gli occhiali a goccia, prima che lasciasse Porta Portese, gli aveva chiesto: «Saaa ripijamo Roma, ve’?».

10 ottobre 2021 (modifica il 11 ottobre 2021 | 00:21)



Source link

Tommaso Labate , 2021-10-10 20:32:32
www.corriere.it

Previous Il patto scellerato tra Forza Nuova e la zona grigia dei No Pass

Leave Your Comment