Mario Draghi alla tastiera di un pianoforte bianco: sul fianco la bandiera italiana e le iniziali a cui è legato il futuro del Paese: P.N.R.R. Ma quello che il presidente del consiglio suona è un “Piano inclinato”, avverte lo strillo di copertina del nuovo numero dell’Espresso. Che spiega: Il Pnrr viene presentato da mesi come la soluzione di tutti i mali, ma i progetti per spendere i fondi europei sono bloccati. Nel disegno di Makkox strumento, pianista e seggiolino scivolano giù irrimediabilmente, in un turbinio di banconote volanti, mentre Draghi continua a cantare a denti stretti che «piano makes the world go down», è il suo piano a far girare il mondo – o a farlo crollare, chissà…
È un governo di “emergenza perenne”, denuncia Massimo Cacciari, mentre Susanna Turco firma un ritratto di Draghi in versione salamandra, il mitico animale capace di sopravvivere a ogni incendio. E Marco Damilano dedica il suo editoriale alla strada per tornare alla normalità: solo l’ex banchiere al Quirinale potrà indicarla, quando finirà il mandato di Mattarella.
A fare i conti in tasca al “Piano scordato” a cui lavora la squadra del governo Draghi è Antonio Fraschilla, mentre Carlo Tecce svela le eccezioni inventate per chiamare nei ministeri gli uomini di fiducia di Brunetta e Colao. Gianfrancesco Turano spiega perché l’uomo di punta di tutti i progetti è il capo di Fs Ferraris, mentre Vittorio Malagutti punta il dito contro le debolezze di Tim, colosso della telefonia italiana che langue da anni in mani francesi.
Mauro Biani mette in guardia contro una malapianta pronta ad infiltrarsi nel Pnrr: la mafia, così difficile da estirpare anche da un microcosmo apparentemente felice come Buccinasco, alle porte di Milano (di Fabrizio Gatti).
Mentre si avvicina la giornata contro la violenza sulle donne, Gloria Riva prevede, come ogni anno, grandi discorsi e pochi risultati. Intanto Chiara Sgreccia raccoglie storie di lavoratrici molestate da capi e colleghi, in vista della campagna #lavoromolesto organizzata da L’Espresso con la Cgil.
In Germania, scrive Roberto Brunelli, il feudo di Angela Merkel dopo le elezioni è passato a una socialista ventisettenne. In Tunisia la società civile non crede più alla rivoluzione (di Alessandra Sciurba). In Cina la tecnologia americana aiuta il regime a controllare la minoranza uigura (di Simone Pieranni).
Altan affida a una delle sue donne uno sberleffo sul “prolasso della politica”, Makkox invoca per Renzi il diritto all’oblio, Michele Serra prevede problemi di sesso e sindacato nel Metaverso di Zuckerberg. E Gigi Riva invita a meditare sulla parola della settimana: colori.
E L’Espresso chiude con Davide Livermore che spiega a Sabina Minardi la sua regia per la prossima Prima della Scala, mentre il pubblico, racconta Francesca De Sanctis, finalmente torna protagonista. Luca Molinari, con due interventi di Erika Antonelli ed Elvira Seminara, porta il lettore in viaggio nelle città del futuro, Damilano e Sergio Luzzatto invece tornano a Guido Rossa, ucciso a Genova dalle Br. E Michela Murgia chiude il giornale con un elogio delle maledizioni bibliche che ieri sottolineavano la differenza tra carnefici e vittime, oggi tra indifendibili – Salvini, Meloni, Signorini… – e indignati.
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di Angiola Codacci-Pisanelli
espresso.repubblica.it
2021-11-19 08:08:00 ,