In pochi mesi dal lancio a febbraio 2024, sulla piattaforma nazionale antipirateria sono stati caricati indirizzi Ip e fqdn (fully qualified domain name, un nome di dominio non ambiguo che consente di identificare senza dubbio una risorsa online) fino a sfiorare i limiti stabiliti dagli accordi tra Agcom e gli Isp per garantire il funzionamento della piattaforma e, al tempo stesso, non richiedere costosi investimenti sulle infrastrutture alle aziende di telecomunicazioni. Motivo per cui servono nuovi investimenti. Secondo quanto riferito dal commissario Agcom Massimiliano Capitanio, sostenitore di Piracy Shield, a Repubblica, gli indirizzi bloccati dalla piattaforma sarebbero stati finora 32mila in totale.
La variazione di bilancio indica come Agcom si sia trovata tra le mani un “giocattolino” più costoso del previsto. La piattaforma, sviluppata da Sp Tech, divisione digitale dello studio legale Previti, e donata all’Autorità dalla Lega Serie A, ha un controvalore di 25mila euro e nel 2023 per la sua manutenzione erano stati allocati 250mila euro circa.
Le spese degli operatori
Nessuno stanziamento è invece previsto per gli Internet service provider, ossia tutte le realtà che devono poi implementare i blocchi disposti dai titolari dei diritti e diramati da Agcom. Di fatto Piracy Shield è meramente una piattaforma che smista ticket – le richieste di blocco di una risorsa sul web – alla quale, per legge, gli Isp devono attingere per implementare il filtro. Tempo massimo previsto per legge: 30 minuti. Di fatto un limite che impone a tutti gli operatori di essere reperibili in ogni momento del giorno o della notte, qualora le realtà autorizzate avessero il capriccio di oscurare un sito in orari non lavorativi, e di gestire le migliaia di segnalazioni caricate con sistemi automatici.
Sulla scorta di questo impegno, che si è rivelato sempre più gravoso nel tempo (lo dimostra l’esigenza di acquistare più spazio di archiviazione rivelato da questa variazione di bilancio), gli Isp hanno ricevuto continue rassicurazioni sul fatto che sarebbero stati stanziati fondi a sostegno del loro lavoro. Ma nemmeno stavolta sembra che la strenna sia all’orizzonte, come confermato da alcuni fornitori di servizi contattati da Wired. L’unica consolazione è la richiesta da parte di Agcom, giunta nelle scorse settimane, di ricevere uno specchietto dei costi sostenuti.
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di Raffaele Angius, Luca Zorloni www.wired.it 2024-11-11 16:37:00 ,