Se si parla di Piracy Shield, la piattaforma anti pirateria dell’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom), le opinioni, salvo apprezzate eccezioni, tendono a polarizzarsi verso i due estremi: una best practice a livello europeo o un fallimento. In realtà una analisi critica che sfugga il rischio delle estremizzazioni ci consente una foto più nitida della realtà delle cose e una riflessione più fredda. Partendo da un punto di principio: sicuramente il contrasto allo sfruttamento illecito dei diritti (sportivi e non) è una attività giusta e necessaria.
I problemi sul tavolo
Semmai è opportuno ragionare sulla modalità più efficace per perseguire questo obiettivo, per le difficoltà e le complessità giuridiche, tecnologiche e procedurali che comporta. La piattaforma donata dalla Lega di Serie A ad Agcom, dopo un primo periodo di utilizzo caratterizzato inevitabilmente da alcune criticità, ha mostrato una buona reazione agli interventi realizzati dalle competenti professionalità interne dell’Autorità e non c’è dubbio che sia riuscita a garantire numeri di intervento importanti. La procedura, basata sulle segnalazioni dei titolari dei diritti e su una sorta di controllo formale di Agcom, assicura tempi contenuti di intervento ma ha mostrato di non essere a prova di errore, pur contenuto in una percentuale molto ridotta.
Dal punto di vista giuridico, siamo ovviamente tenuti al rispetto della legge ma confesso di non essere un estimatore del concetto avviato di recente dalla norma di indirizzo IP “prevalentemente orientato” all’attività illegittima. “Prevalentemente”, se non più nettamente definito, sembra più uno stato d’animo che un parametro certo. E ogni indeterminatezza, in termini normativi, è inevitabilmente destinata a produrre incertezze, interpretazioni controverse e contenziosi legali.
Infine, in termini economici, esiste in questo momento una assoluta sproporzione (non lontana da un rapporto di dieci a uno) tra il costo complessivo che Agcom sopporta per garantire questa attività ed il contributo previsto. È evidente che un tale sbilanciamento non può durare a lungo.
Proposte di modifica
Partendo da questa analisi (molto sintetica) come procedere? Per quanto mi riguarda ho proposto più volte in Consiglio di promuovere un incontro tra Governo, Agcom, Lega calcio e titolari dei diritti per mettere a punto una strategia condivisa, che definisca con esattezza obiettivi, ruoli, prerogative e responsabilità. E che affronti, ciascuno per la propria responsabilità e con le proprie prerogative, il tema di un affinamento normativo e di una sostenibile ed equa ripartizione dei costi dell’attività. Così come, se si vuole effettivamente sconfiggere lo sfruttamento illecito dei diritti in rete, occorre affiancare alla doverosa attività repressiva una adeguata azione di coinvolgimento di realtà, pubbliche e private, che non stanno solo all’interno dei confini nazionali.
Leggi tutto su www.wired.it
di Antonello Giacomelli www.wired.it 2024-11-04 08:49:00 ,