Mentre si attende di conoscere se entro due settimane OpenAi riuscirà a soddisfare le richieste del Garante della privacy sul trattamento dei dati personali da parte di ChatGPT, sono emerse varie alternative. Tra queste c’è PizzaGPT, che ha rapidamente offerto al pubblico un’opzione altamente accessibile e di facile digeribilità, divenendo un fenomeno di scala nazionale. Il suo obiettivo è diventare “ChatGPT per l’Italia”, ovvero offrire un sistema di accesso per continuare a utilizzare quei servizi di generazione di testi.
Il progetto è di Lorenzo Cella, software engineer italiano che lavora in Svizzera. Cella ha creato un’interfaccia che attinge alle risorse informatiche di ChatGPT senza però andare a toccare i punti vulnerabili che hanno determinato la sospensione temporanea del trattamento dei dati da parte del chatbot originale. “Le questioni sulla privacy sono varie e andrebbero affrontate caso per caso. Per allenare un modello c’è bisogno di una grande quantità di dati che sono stati presi – immagino – da informazioni pubbliche disponibili su internet – sostiene Cella -. Il punto più difficile è forse quello relativo al training dell’intelligenza artificiale, in quanto difficile da controllare”.
Le donazioni in pizze
PizzaGPT adopera l’interfaccia di programmazione dell’applicazione di ChatGPT: per ogni richiesta effettuata deve pagare qualche centesimo a OpenAi, un onere che il suo creatore non ammortizza raccogliendo i dati dei visitatori, ma chiedendo donazioni libere dal valore “equivalente di una pizza”, ovvero nove euro. “Noi siamo stati abituati che tutto su internet fosse gratis – sostiene Cella -. Ci sono queste grandi aziende – tipo Google – che fanno fondamentalmente soldi utilizzando i nostri dati. Ci siamo abituati a lasciarglielo fare. Vedo però che c’è una tendenza, probabilmente più negli Stati Uniti, a pagare per degli strumenti che siano più attenti alla privacy”.
Se le intelligenze artificiali generative sono considerate ormai un elemento indispensabile, quanti utenti sono disposti ora come ora a mettere mano al portafoglio per consultarle? Non molti, almeno stando al riscontro ottenuto dai finanziamenti a PizzaGPT. “Non stiamo parlando di cifre esagerate, penso sia molto meno di quanto la gente si immagini – confessa Cella sorridendo -. Parliamo in totale di poche centinaia di euro, non è certo una cosa che mi fa diventare ricco”. Secondo l’ultimo report sull’intelligenza artificiale (Ai Index) redatto dall’Università di Stanford, tra tutti i più importanti sistemi di machine learning sviluppati nel 2022 solamente tre sono legati al mondo accademico. Gli altri 32 sono da aziende.
Dilemmi etici
Cella sottolinea i progressi di modelli open source nel settore. “Magari sono qualche giorno indietro rispetto ai modelli professionali delle grandi aziende, però c’è uno sviluppo alternativo che da la possibilità a tutti di utilizzare questi strumenti – dice -. Un’altra cosa interessante che si muove verso la democratizzazione di questi modelli d’intelligenza artificiale è che si sta abbassando il costo, si sta abbassando la potenza di calcolo necessaria. In futuro i modelli potrebbero andare direttamente su smartphone”.
Il dogma del “move fast and break things” della Silicon Valley non è però mai uscito di moda: nell’immettere sul mercato il suo GPT, OpenAi ha ammesso che lo strumento è ancora imperfetto e propenso ad “allucinazioni” ed errori, difetti che peraltro sono condivisi anche dalle offerte della concorrenza. Lo stesso Cella ammette di non essere particolarmente ferrato sugli argomenti etico: “Dal punto di vista etico non conosco particolarmente bene il tema. Sono più un pratico che un teorico, quindi mi interessa questo mondo, ne vedo le potenzialità, ma magari sto meno a domandarmi le implicazioni sul piano etico e legislativo perché la prendo come una realtà attuale”. La sfida è aperta
Leggi tutto su www.wired.it
di Walter Ferri www.wired.it 2023-04-15 16:00:00 ,