Author: Federico Fubini
Data : 2022-12-07 08:37:37
Dominio: www.corriere.it
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La strategia del ministro Raffaele Fitto per spingere il Piano nazionale di ripresa e resilienza
Ancora una settimana, massimo dieci giorni, e si capirà quali amministrazioni sono in orario con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa (Pnrr). Stessa attesa e si vedrà se anche il Parlamento lavora nei tempi per centrare entro l’anno tutti gli obiettivi del Pnrr che richiedono il suo intervento, soprattutto l’attuazione della legge di concorrenza in settori come l’energia o i servizi pubblici locali. A quel punto il governo deciderà: se i progressi non saranno abbastanza concreti, l’intenzione nella presidenza del Consiglio è di stendere un decreto. Il provvedimento sarebbe da approvare in Consiglio dei ministri fra Natale e fine anno, di fatto per sbloccare in un colpo tutte le riforme ancora attese a Bruxelles e poter così richiedere la prossima tranche di fondi da 19 miliardi di euro.
Le amministrazioni ministeriali e le Camere sono di fronte a quello che si fatto è un ultimatum: accelerare le riforme del Pnrr da ultimare entro il mese o venire soppiantate per decreto. In ogni caso un decreto di governo sul Pnrr arriverà nelle prossime settimane, osservano persone vicine al dossier: si farà, magari nella prima metà di gennaio, anche nel caso non fosse necessario a sbloccare in extremis le ultime riforme attese per il 2022. A Palazzo Chigi c’è comunque l’intenzione di rivedere in profondità quella che viene chiamata la governance del Pnrr: il sistema di gestione e monitoraggio dei progetti esistenti, delle riforme che devono progredire con essi e della programmazione di nuovi progetti che dovrebbero entrare nella lista con la modifica entro febbraio prossimo dell’attuale disegno del Pnrr.
Cambiare la governance del Piano è sempre un atto profondamente politico, non un passaggio burocratico. Su quell’aspetto entrò in crisi poco più di due anni fa il secondo governo di Giuseppe Conte, quando l’allora premier cercò di accentrare i poteri su Palazzo Chigi e innescò una rivolta in Italia Viva e nell’alta amministrazione. Quell’obiettivo sfuggito a Conte potrebbe non essere molto lontano da ciò che oggi la premier Giorgia Meloni e il ministro degli Affari europei Raffaele Fitto hanno in mente. Il decreto sulla governance del Pnrr mirerà infatti a rafforzare l’efficacia del controllo del Piano proprio nella presidenza del Consiglio. Si prevede in primo luogo il rafforzamento dei «poteri sostitutivi», cioè della capacità del governo di commissariare le amministrazioni in ritardo sui progetti; quanto a questo, il modello lasciato dal governo di Mario Draghi viene giudicato come troppo debole e al momento si intendono usare le nuove prerogative, quando necessario, senza guardare al colore politico delle amministrazioni. In parallelo dovrà arrivare un nuovo ciclo di semplificazioni amministrative, anche qui con l’idea di andare oltre quanto già fatto da Draghi.
Poi c’è la parte del vero e proprio governo del Piano. Fitto, che ha la delega al Pnrr e ai fondi europei ordinari, intende avvalersi direttamente del Servizio centrale della Ragioneria (che è presso il ministero dell’Economia) per la rendicontazione finanziaria. Ma quella non basta. Nelle prossime sei settimane si capirà meglio quali progetti del Pnrr sono indietro o non hanno possibilità di farcela entro la scadenza del 2026, specie fra quelli di costruzioni. A quel punto Fitto, che è alla presidenza del Consiglio, avrà bisogno di strutture che curino nuovi progetti coerenti con il piano RepowerEU di Bruxelles: le priorità sono opere di indipendenza energetica (dalle reti dell’energia elettrica da rinnovabili, ai rigassificatori, ai gasdotti) e di risparmio energetico. In proposito il governo si sta già confrontando con le grandi aziende del settore, da Enel a Snam, in vista di un confronto con Bruxelles in febbraio. Potrebbero servire nuovi prestiti agevolati europei, disponibili per un centinaio di miliardi. Oppure una riconversione di certi fondi sui progetti ritenuti da scartare dell’attuale Pnrr.
Conterà molto la qualità del lavoro amministrativo, anche nei ministeri. Con l’idea a Palazzo Chigi di non applicare uno spoils system fra gli alti funzionari — mettendo solo persone di propria fiducia — ma di confermare solo coloro che dimostreranno di saper far funzionare il Piano.
7 dicembre 2022 (modifica il 7 dicembre 2022 | 09:23)
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